Vivere l’amore nella Fratellanza Universale

I pochi la capiscono come è giusto capirla, come necessariamente deve essere capita, come la insegnò Gesù, così meravigliosamente. I molti la intendono egoisticamente, come non deve essere intesa. Per questi ultimi, la fratellanza è un tessuto mentale lavorato di solo avere e nulla dare.

La fratellanza è per costoro, un comodo rifugio dove è possibile guarirsi, rifocillarsi, ascoltare ed imparare per sé stessi, per ottenere le soluzioni dei problemi che gravitano insoluti sulle loro coscienze e poi… Una volta ottenuto ciò che si voleva raggiungere, se non si scagliano contro chi ha avuto la gioia fraterna di donare, si eclissano silenziosamente, quando riescono ad essere buoni, altrimenti criticano, perseguitano, offendono, dimenticando il bene ricevuto, e sputano in cielo. I pochi invece sentono di essere altruisti e lo dimostrano egregiamente accettando il bene che si riceve con spirituale riconoscenza e con dignità morale, prodigandosi nel darlo agli altri con spontaneità e con somma devozione a Dio per quanto benignamente elargisce.

La gente è priva di gratitudine il che non è giusto: si dovrebbe essere compiaciuti dell’aiuto ricevuto dagli altri per tutta la vita. Ci sono due cose che dovete dimenticare: l’aiuto che avete dato agli altri e il danno che essi vi hanno fatto. Se ricordate l’aiuto che avete dato, vi aspetterete sempre qualcosa in cambio mentre il ricordo del danno fatto a voi genererà un senso di vendetta; dovete quindi ricordare solamente l’aiuto che avete ricevuto.

Chi possiede queste qualità sacre è un essere umano ideale. L’amore è Dio, l’amore è Natura, l’amore è vita, l’amore è il valore umano vero; privi di amore, si è come dei cadaveri. Amate anche il peggiore dei vostri nemici, vivete una vita piena d’amore e sperimenterete la gioia, la pace e la sicurezza nel cuore.

Le due citazioni scendono nell’anima con una chiarezza disarmante. Focalizzano difetti diffusi di pratica comune su cui non si riflette mai abbastanza. Non ho mai letto prima d’ora un pensiero così dettagliato e chiaro come quello di Eugenio Siragusa. Magari come conseguenza di una mia proiezione personale, ne ho avvertito la sottile amarezza e sofferenza.

Il punto di vista, con cui mi approccio a scrivere queste pagine è quello del ricercatore che ha compiuto un po’ di cammino e che vive e intravede barlumi di verità durante il percorso verso nuovi parametri mentali e nuove modalità comportamentali. L’obiettivo comune è sempre quello del lavoro sulle trappole più insidiose della mente e dell’ego. Non bisogna mai abbassare la guardia, soprattutto quando si ritiene di essere giunti a un buon livello di equilibrio o di distacco. In questa fase, l’ego sferra un repertorio di proiezioni e giustificazioni personali che si dipanano come la tela di un ragno.

La capacità di una vista lunga e di una disincantata autoanalisi verso il nostro castello di carte ci aiuterà e sosterrà a fare letteralmente piazza pulita di queste melmose costruzioni mentali. Il premio? Un grande senso di leggerezza e di libertà che non conosce eguali, ma che è un vero e proprio stato d’essere di ananda o beatitudine perdurante. Ne vale la pena. Ma procedo con ordine.

Insegnamenti di Eugenio Siragusa
Una spinta che definirei “egoica” porta il neofita o studente spirituale che si è appena addentrato a livello di informazioni nel mondo spirituale, a cercare consenso presso gli altri, ad essere al centro dell’attenzione, a indossare la veste della “crocerossina”. In realtà, si esprime solo il bisogno di autogratificazione e/o di compensazione affettiva.

Coloro che riescono realmente in questo servizio, lo svolgono con umiltà in quanto consapevoli di servire l’Uno nei molti, cioè consapevoli per esperienza e non solo per convinzione, e costoro spargono il giusto seme e cooperano con il Creatore, né ricercano consensi perché il più delle volte raccolgono incomprensione e lo sanno già prima di cominciare. Perché? Perché Essi si allineano con le Logiche Divine mentre gli uomini vivono di logiche da “ragioniere”.

I due piani sono inconciliabili a meno che l’aspirante sia maturo al punto giusto da accogliere con umiltà e gratitudine ciò che i Fratelli Maggiori si prodigano a dare incondizionatamente.
Parimenti, esiste anche la tendenza ad accaparrare quanto più è possibile in campo spirituale con una avidità non meno poderosa della sete di denaro o di successo.

Generalmente coloro che manifestano avidità materiale, mantengono questa tendenza anche in faccende spirituali e i Maestri certamente non li assecondano.
Il mio maestro in Terra mi metteva sempre in guardia dai curiosi e gli avidi, sempre pronti a carpire per qualche tornaconto personale e mai pronti a riconoscerne la fonte.
Dove ci dovrebbe essere rispetto e cooperazione esiste calcolo e opportunismo. Eugenio scrive: “I molti la intendono egoisticamente, come non deve essere intesa”.

Poi aggiunge che per costoro: “la Fratellanza è un tessuto mentale lavorato di solo avere e nulla dare”. Chi si muove su questo piano generalmente è autocentrato, esiste solo lui e ritiene che tutto gli sia dovuto, come se avesse diritti inalienabili, e indiscutibili. Se ciò che la vita gli offre non corrisponde a ciò che si pretende, il soggetto gira i tacchi e se ne va. È come la volpe e l’uva nella favola di Esopo, magari ha già ricevuto ma la sua cecità egoistica non gli permette di capire esattamente quello che è accaduto.

Un giorno a un mio carissimo amico, conferenziere di livello e antico ricercatore spirituale di vecchia scuola, promotore di corsi e seminari di valore, ho chiesto: “Ma ti è mai successo che almeno uno dei tuoi corsisti, alzasse la cornetta del telefono e ti facesse una domanda di quelle che denotano il bisogno di una vera ricerca spirituale, di sete di conoscenza?”. La risposta è stata chiara e secca: “No, mai”. Ed io ho ribattuto: “Lo stesso anche per me”.

Ecco il risultato di corsi e seminari, forse validi solo per informare e sensibilizzare, ma non per formare ricercatori spirituali sinceri e autentici. Tra il bisogno di informazione, il più delle volte utile a fare show nei salotti, per essere al centro dell’attenzione, e il bisogno di dissetarsi a una fonte di inesauribile della Conoscenza ci sono anni luce. La prima condizione non è di alcuna utilità al Bene Comune se non che ad accrescere il proprio ego, la seconda condizione consente di cominciare a far parte di quella Fratellanza di anime luminose al servizio del Piano Divino. E questo inganno di comprensione è davvero pernicioso per il progresso, fa perdere la strada, il tempo e le energie.

Dopo qualche conferenza o qualche corso, eccoci pronti a fare i guru, a pontificare. Il segno distintivo del vero ricercatore è, al contrario, il silenzio. Il silenzio non è mancanza di rumore o di intelligenza, il silenzio del discepolo è ascolto attento verso ogni cosa, osservazione profonda, senso di umiltà verso chi ne sa veramente di più e anche verso chi non ne sa. Chi è veramente sul cammino non considera affatto di essere al centro dell’attenzione di chicchessia, non gliene importa niente e se per missione deve farlo, lo considera un sacrificio nel senso latino di sacrum facere.

Non ultima la considerazione dell’enorme dispendio economico dietro i venditori di spirito unita alla presunzione tutta deviata di poter comprare l’unica cosa che non si può né vendere né acquistare: l’evoluzione spirituale. Non smetterò mai di mettere in guardia contro i venditori di fumo perché essi costituiscono un vero ostacolo all’ accrescimento della Coscienza. Ricordatevi che Dio è sempre obbligato a rispondere quando la richiesta è sincera e non ci sono doppi fini, senza bisogno di intermediari.
La Fratellanza è per costoro, un comodo rifugio dove è possibile guarirsi, rifocillarsi, ascoltare ed imparare per sé stessi, per ottenere le soluzioni dei problemi che gravitano insoluti sulle loro coscienze.

È una fase che il ricercatore sincero supera abbastanza in fretta. Se permane questo atteggiamento della ricerca di Babbo Natale che abbia una ricetta pronta per soddisfare il mantenimento , in definitiva, del proprio status egoistico, allora succede quanto senza mezzi termini Siragusa evidenzia: “una volta ottenuto ciò che si voleva raggiungere, se non si scagliano contro chi ha avuto la gioia fraterna di donare, si eclissano silenziosamente, quando riescono ad essere buoni, altrimenti criticano, perseguitano, offendono, dimenticando il bene ricevuto, e sputano in cielo”.

La domanda che dobbiamo porci è sempre la stessa: perché ci avviciniamo a questa o a quella scuola, movimento, maestro spirituale?
Abbiamo bisogni di natura personale da risolvere e pensiamo che qualcuno con la bacchetta magica faccia il lavoro al posto nostro?
Il figlio da sistemare, i soldi da investire, la casa da vendere o da acquistare, il marito o la moglie da trovare, la paura di morire e allora, come dice Giuliano Falciani proviamo anche con Dio non si sa mai?
Vogliamo capire una buona volta che tutte queste sono forme di egoismo più o meno evidenti?

Se sentiamo l’attrazione verso le nicchie famigliari, economiche e tutto ciò a cui siamo attaccati, allora dobbiamo fare una scala delle nostre priorità e ammettere che i nostri attaccamenti vengono prima. Come lascia intuire Siragusa, si pretendono le soluzioni alle proprie necessità egoistiche e si evitano i percorsi per risolverli secondo le leggi dell’ordine universale e se Giuliano o Marina o Francesco o Camilla non soddisfano più, si girano i tacchi e senza nemmeno la buona grazia di un saluto, come mi è già successo di vivere e sentire, si dice che sono tutte sciocchezze, che poverino o poverina non hanno altro da fare, che “non sono d’accordo” (e questa è la più grossa, come dire non sono d’accordo con Dio) perché loro sì che ne sanno una in più e se ne vanno.

Qualcuno che ama ripetere a memoria frasi trite potrebbe dire “lascia che sbaglino, ognuno va dove deve andare”. Giustissimo e d’accordissimo. Ma l’ingratitudine come risposta al dono d’amore disinteressato di fratelli maggiori, inutile negarlo, fa male. Ho visto il mio maestro in terra soffrire nobilmente ma pesantemente quando qualcuno le volgeva le spalle, e, sia chiaro, non per sé stessa perché era stata (si fa per dire) umiliata, no, ma per l’individuo stesso che in questo modo perdeva un’occasione unica per la sua evoluzione spirituale. Gli spiriti nobili non soffrono mai per sé ma per i fratelli.

Nella carriera discepolare seria, il tradimento subito è una tappa obbligata in quanto disinnesca le aspettative. La Fratellanza è caratterizzata dal vero rispetto e accettazione, soprattutto dal non proiettare sulla collettività la tendenza a usare chiunque per i propri fini egoici ed egoistici e per trarre profitto personale sia materiale che spirituale.

Rivediamo le frasi di Eugenio in modo verticale per ottenere in modo visivo la differenza sostanziale fra l’egoista e il servitore e così lascio a voi ogni altra conclusione:

Tipo egoico
– La fratellanza è un tessuto mentale lavorato di solo avere e nulla dare

– La fratellanza è per costoro, un comodo rifugio dove è possibile guarirsi, rifocillarsi, ascoltare ed imparare per sé stessi, per ottenere le soluzioni dei problemi che gravitano insoluti sulle loro coscienze e poi…

– Una volta ottenuto ciò che si voleva raggiungere, se non si scagliano contro chi ha avuto la gioia fraterna di donare, si eclissano silenziosamente, quando riescono ad essere buoni

– Altrimenti criticano, perseguitano, offendono, dimenticando il bene ricevuto, e sputano in cielo

Il Servitore
– I pochi la capiscono come è giusto capirla, come necessariamente deve essere capita, come la insegnò Gesù, così meravigliosamente

– Sentono di essere altruisti

– Lo dimostrano egregiamente accettando il bene che si riceve con spirituale riconoscenza e con dignità morale

– Prodigandosi nel darlo agli altri con spontaneità e con somma devozione a Dio per quanto benignamente elargisce

Molti si chiederanno: “Ma che cosa è questo dare?”.

Dare significa riconoscere l’aiuto ricevuto, attraverso il miglioramento di sé, il Servitore che dona ha solo in mente il bene altrui, senza alcuna considerazione o ritorno personale.

Dare, per chi ha la fortuna di avere possibilità economiche, significa aiutare coloro che soffrono e coloro che sono impegnati nel servizio all’Umanità, non con la visione del ragioniere, ma offrendo ciò che il cuore ci detta di fare, beninteso quando il servizio è serio e i promotori non guardano con la coda dell’occhio l’altrui borsellino.

Insegnamenti di Sai Baba
Sai Baba sostiene e afferma che bisognerebbe essere grati dell’aiuto ricevuto non solo al momento ma per tutta la vita (il senso di riconoscenza amorosa resta per tutta l’eternità). E questo è il primo punto già trattato nel precedente paragrafo. Swami parla dal punto di vista di chi subisce un atto di ingratitudine e fornisce una soluzione a chi ne è oggetto, una soluzione che qualifica l’individuo come un essere ideale: dimenticare l’aiuto dato e il torto subito. Riuscire in questo può essere il lavoro di una vita intera o più vite.

Mi immagino la domanda di chi legge sorgere spontanea: “Allora, a che pro quanto hai argomentato?”
Rispondo: a) per incoraggiare e sostenere chi subisce fornendo un quadro di come reagire al fine di sollecitare un lavoro introspettivo; b) per favorire l’autoanalisi per chi si riconoscesse nel primo tipo, al fine di estirpare questa mala pianta.

Ci sono particolari del nostro comportamento che ci sfuggono e che consideriamo normali. Ma, ora che siamo nella centrifuga delle onde ascensionali, non si possono più sottacere certi difetti perniciosi e che allontanano. Tutti i discepoli che hanno avuto la fortuna di lavorare con un Maestro e che hanno a Lui risposto con il cuore hanno ricevuto sempre delle indicazioni su come superare questi difetti comuni a tutti.

Il discrimine tra chi si trasforma e chi resta alla superficie non è che uno sia più bello o simpatico o fortunato. È il rigore dell’autoanalisi, l’accettazione di essere in un certo modo e la volontà positiva di porvi rimedio. E se l’anelito è sincero e la lotta difficoltosa arriva la Grazia di Dio. S. Baba aggiunge dovete quindi ricordare solamente l’aiuto ricevuto…, l’amore è il valore umano vero; privi di amore, si è come dei cadaveri.

La forza e la fortuna di chi ha avuto un maestro di saggezza al suo fianco sta nel fatto che questi ti fa delicatamente notare (e a volte non tanto delicatamente) le sfumature della tua personalità che non si allineano con il retto agire. E c’è tutto da guadagnare a riflettere sui consigli ricevuti. Ma oggi di Maestri di Verità ce ne sono pochi, e allora, come spesso suggeriva Sai Baba parlando proprio di questo argomento, bisogna fare riferimento a Sé stessi, perché noi siamo Incarnazioni del Divino Amore e dentro abbiamo un Suggeritore verace. Dobbiamo essere assolutamente onesti con noi stessi. In questo momento ci sono schiere angeliche pronte ad aiutarci e se non lo facciamo noi lo faranno gli avvenimenti.

Canalizzatori e Servitori autentici dichiarano che, nel crogiuolo del salto quantico, saremo messi di fronte a noi stessi e se non lo abbiamo fatto prima, la situazione potrebbe non essere priva di traumi. Provate a immaginare che meravigliosa condizione sarebbe quella in cui una bella maggioranza dell’Umanità se non tutta potesse vivere a un livello frequenziale più alto seguendo i dettami dell’Amore: Amate anche il peggiore dei vostri nemici, vivete una vita piena d’amore e sperimenterete la gioia, la pace e la sicurezza nel cuore.

Come ho già ripetuto in articoli precedenti, dobbiamo mettercela tutta per riuscire.
Ora ci possiamo considerare compagni di percorso, a un livello di coscienza più ampio, potremo vivere la nostra Fratellanza, che nasce dalla consapevolezza interiore che l’altro è Dio ed Uno con te.
Buona avventura, siamo tutti Indiana Jones alla scoperta dell’arca perduta.

A cura di Marina Ciccolella

 

Articolo pubblicato sulla rivista “Quarta dimensione” 4/2012

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