Mutazioni Cosmiche: la Terra sta cambiando
E’ con grande piacere che ritorno ospite di SaraS dopo un anno di assenza per presentarvi un nuovo argomento. E’ un piacere doppio in quanto negli incontri che ho sostenuto qui in diversi anni con l’associazione SaraS, c’è stata la possibilità di poter affrontare argomenti diversi che riconducono tutti ad un medesimo percorso: la concezione dell’esistenza di una realtà che va oltre la materia, la quarta dimensione.
Questa realtà ha un contenuto profondo e vasto e rientra in questo mio interevento di oggi che ha come argomento “Mutazioni cosmiche e la Terra che sta cambiando”. Si tratta di un argomento talmente vasto che ci proietta in una direzione molto più ampia dove rientrano in gioco temi molto importanti come l’esistenza della vita nell’universo e il significato più essenziale dell’evoluzione.
E’ per me molto importante comunicarvi un senso delle cose, più che un insieme di nozioni. Perché vi dico questo? E’ molto importante che comprendiamo quanto sia fondamentale recuperare il significato di ciò che indichiamo con il termine conoscenza.
Il senso tradizionale di questo termine è che la “conoscenza” è quell’insieme di nozioni che riguardano una qualsiasi cosa possiamo conoscere. Tuttavia il problema è che in tempi moderni, noi concepiamo la conoscenza solo come un insieme di nozioni complicate e direttamente derivate dalla scienza.
Il fatto che la conoscenza sia diventata specialistica, ci ha tolto un significato molto importante di ciò che andiamo a conoscere, ossia: non riusciamo più a vedere l’intero senso dell’insieme, quindi nell’universo non riusciamo più a vedere un insieme globale bensì abbiamo solo un elenco di nozioni specialistiche e complesse dove gran parte di esse risultano incomprensibili ai profani. Dobbiamo quindi interrogarci: è davvero giusto questo senso della conoscenza? Se andiamo ad esplorare le probabili risposte emerge forse che l’intero significato della natura universale non si racchiude nella formula ultima della scienza, ma va ben oltre qualsiasi disciplina scientifica o meglio riguarda l’intero insieme delle dottrine e soprattutto implica un senso umano più profondo.
Se poi l’argomento è l’intero universo, compreso il fenomeno degli esseri viventi quindi di noi stessi, ecco che la conoscenza, nel senso tradizionale, diventa fallimentare. Noi siamo esseri umani che ci poniamo delle domande più fondamentali legate alla nostra esistenza e al senso dell’intero universo, in tal modo noi tutti siamo partecipi e protagonisti di questo percorso.
Ciò vuol dire che la risposta a queste domande dovrebbe essere intesa come un qualcosa di aperto a tutti noi e soprattutto che possieda un senso generale profondo.
Il motivo per il quale vi sottolineo questi aspetti molto importanti è perché dobbiamo concepire la conoscenza come un qualcosa che va ben oltre il senso comune, un qualcosa che ci coinvolge tutti in una direzione più umile.
Al termine dell’intervento troverete tutti i miei recapiti per condividere insieme pensieri, idee, riflessioni, di qualunque genere che riguardano la conoscenza del mondo e della vita, dalla scienza alla filosofia sconfinando anche nella teologia. Tutto dà un senso alla conoscenza.
Pensando all’origine dell’universo sappiamo che questo gigantesco sistema che concepiamo solo e unicamente sotto la sua forma materiale (e vedremo anche come questo concetto sia limitato), ha avuto origine, ossia la materia è nata secondo stime scientifiche, intorno ai 15 miliardi di anni fa.
Cosa conosciamo effettivamente dell’Universo? Conosciamo un dato fondamentale: la materia. Qualcuno di voi mi sa indicare qualcosa che non sia materiale nell’universo?
E’ sicuramente difficile rispondere, ma ci possono venire in mente alcune cose: può far caldo, può far freddo, può esserci più o meno luce, siamo tutti attratti dal suolo. Ebbene queste cose non sono di forma materiale, ma attenzione! Se siamo attratti al suolo è per via di una forza: la gravità ed essa si genera dal movimento di rotazione della Terra.
La luce si genera da una sorgente calda e quindi materiale, il caldo e il freddo, sono condizioni che si sviluppano per mezzo di energia emessa da corpi materiali. Abbiamo quindi fatto una scoperta in modo semplice e breve di cosa conosciamo dell’Universo: queste percezioni che abbiamo elencato sono immateriali ma sono anch’esse legate ad una sorgente materiale.
Sia gli strumenti che progettiamo, sia i nostri sensi: vista, udito, olfatto e tatto, si predispongono a percepire una realtà materiale ed anche l’immateriale di forze ed energie originate da sorgenti materiali. Il nostro mondo ha offerto tutta la conoscenza che abbiamo acquisito sino ad oggi con la scienza, ma è anche all’origine della nostra contraddizione umana più profonda in quanto noi illusoriamente crediamo che esista solo questa forma di realtà. Vediamo subito perché questo senso delle cose è illusorio.
Se pensiamo all’origine dell’Universo, quindi al Big Bang, ecco che dal punto di origine che i fisici chiamano singolarità è nata tutta la materia che osserviamo nell’Universo, quindi tutto ciò che consideriamo reale, materiale, in tutta la sua importanza ha avuto un momento di origine.
Curiosamente la scienza non preoccupandosi di questo si concentra sul quando, ossia sul tempo, ma il esso sebbene rappresenta una componente fondamentale dei mutamenti materiali è pur sempre correlato alla materia. Bisogna quindi chiedersi da cosa nasce l’Universo che osserviamo? Si apre un paesaggio interamente nuovo, che presto valuteremo nella sua natura.
Procedendo nel percorso della storia dell’universo, ecco che dal Big Bang si crea la materia in tutte le forme che conosciamo: galassie, pianeti, stelle, nebulose eccetera… Cosa ci sorprende di tutto questo? Un’osservazione abbastanza banale ma incredibile è che da una gigantesca esplosione dove tutta la materia è irradiata nello spazio e dove lo spazio stesso nasce, si formano schemi diversi ma coerenti.
In altre parole nell’Universo ci sono classi di oggetti come galassie che sono agglomerati di miliardi di stelle, pianeti e corpi celesti di varia natura che riproducono un medesimo schema ma con delle differenze specifiche.
Se ci riflettiamo un attimo è un molto strano il fatto che da un’esplosione così potente possano fuoriuscire delle forme e degli schemi materiali che sono tutti simili tra loro. La nostra galassia si compone di stelle, così come molte altre. Entrambe possono essere differenti nella conformazione, tanto è vero che esistono delle classificazioni ma sempre stelle.
Possiamo fare il paragone su noi stessi, siamo tutti degli esseri umani ossia siamo tutti diversi tra di noi, ma siamo pur sempre esseri umani e ci distinguiamo dalle altre specie.
Entriamo quindi in un concetto molto particolare: dal Big Bang si formano degli schemi materiali, dove l’Universo espandendosi continuamente propone una continua mutazione degli schemi ma essi mantengono un’analogia.
Dalle particelle elementari atomiche quindi dalle unità più piccole di materia sino ai grandi agglomerati di materia, tutto è in continuo mutamento, c’è una direzione dell’Universo che si espande continuamente e dove i corpi materiali cambiano continuamente il loro stato.
Basta girarci attorno e scoprire dalle cose più semplici alle più complesse come tutto in natura muta continuamente, addirittura è difficile scorgere o trovare un qualcosa che sia statico, fermo e identico nei secondi, negli anni, nei secoli, nei millenni: tutto muta continuamente.
Al medesimo modo la Terra è uno dei pianeti che popolano l’Universo materiale. Essa ruota in un sistema planetario di 9 pianeti sino ad oggi conosciuti per formare il Sistema Solare il cui centro è occupato dalla stella Sole.
Questo sistema si trova all’interno della galassia, la Via Lattea che si compone all’incirca di 400 miliardi di stelle. Anche il Sistema Solare è in continua mutazione e sia la storia che si può studiare sulla superficie dei pianeti esplorati sia gli eventi che sono stati osservati astronomicamente, ci insegnano che il sistema planetario in cui viviamo è in continua evoluzione.
Andando al nodo della questione ciò che ci interessa più da vicino è il nostro pianeta: la Terra. Anche lo studio del pianeta in cui viviamo ci insegna che la sua storia si contraddistingue di grandi mutamenti.
Se poniamo questa considerazione unitamente al fatto che la Terra ospita la vita e soprattutto noi esseri umani, ecco che la questione assume un importanza decisamente diversa.
La diversità della Terra sta nel fatto che questo pianeta ospita la vita, più precisamente nel fatto che possiede delle condizioni specifiche atte ad ospitare le forme viventi.
Questo aspetto significa che il pianeta Terra ha un’atmosfera ben precisa e soprattutto possiede l’acqua nelle sue tre forme diverse: solida, liquida e gassosa. Sappiamo molto bene che l’equilibrio dell’ambiente è una delle componenti fondamentali, ossia noi ed altre forme viventi necessitiamo di un preciso equilibrio ambientale, dunque possiamo chiederci: chi manitene questo equilibrio? Ebbene esso si mantiene per mezzo di una straordinaria “coincidenza” e preciso questo termine tra virgolette, di tre fattori fondamentali: l’interno del pianeta, l’atmosfera e quindi la parte superficiale esterna e l’equilibrio dello stesso pianeta con il Sole.
In realtà la nostra vita è talmente breve che a noi tutto sembra uguale.
Perché oggi è diventato così attuale il tema sul mutamento del pianeta?
E’ diventato un tema profondo e trattato anche dai media, in quanto anche nell’arco della nostra vita in particolar modo nell’epoca che stiamo vivendo, ci sono bruschi cambiamenti improvvisi, pensiamo all’aumento della temperatura e alle catastrofi climatiche.
Questi cambiamenti che viviamo in modo più diretto in questa apertura di millennio, ci fanno riflettere sul fatto che tutto muta, anche gli equilibri che conosciamo del nostro pianeta non sono eterni ed immutabili.
Possiamo pensare alle ere geologiche, possiamo riflettere sui grandi cambiamenti climatici che hanno sconvolto il pianeta, dobbiamo quindi pensare a tutte queste cose in diretto rapporto con il fenomeno degli esseri viventi.
Non è quindi importante valutare la questione solo sotto il punto di vista interno del pianeta, ma è necessario porre attenzione al suo ruolo nel Sistema Solare, all’influenza del sole, agli asteroidi che la Terra incrocia come proiettili vacanti nello spazio, tutti questi fattori ci ricordano chiaramente che questo equilibrio di cose davvero straordinario è continuamente minato dalle instabilità planetarie.
L’esistenza delle forme viventi è una dato molto importante per l’intera questione, poiché i cambiamenti del pianeta indubbiamente incidono sulla vita, all’inverso anche l’esistenza della vita incide in modo altrettanto rilevante sull’equilibrio e sull’ecosistema del pianeta.
Sappiamo che noi per vivere necessitiamo di un certo ambiente, ed ogni forma vivente presente sul nostro pianeta ha una propria necessità ambientale, per esempio la vita su altri pianeti del nostro sistema solare sarebbe per noi impossibile. Cos’è quindi la vita nell’Universo e come possiamo interpretare la formazione degli ambienti necessari e atti alla vita così come li conosciamo sul nostro pianeta?
Partiamo dal primo quesito. Dobbiamo dare un ampio spazio a questa domanda. La scienza e la cultura dominante hanno considerato la questione degli esseri viventi come un puro fatto accidentale più che una verità implicita dell’Universo. Se però pensiamo all’’idea fondamentale che l’Universo è uno e che è un insieme di elementi e fenomeni nati dalla stessa evoluzione e quindi cambiamento dal Big Bang ad oggi, la vita non è un qualcosa di ininfluente nell’intero universo, al contrario è una costante in essere nell’intera evoluzione.
E’ qui che si entra in contrasto con la cultura dominante che non va al cuore del problema della nostra conoscenza, bensì ci gira intorno e cerca di evitarlo.
Ci siamo quindi abituati all’idea della vita lasciata al caso, pensiamo alla teologia o alla religione ed al tempo stesso diamo adito alle teorie scientifiche che ci insegnano che tutto è frutto del caso.
Io mi pongo una domanda molto semplice che accende sicuramente polemiche. In secoli di conoscenza abbiamo sviluppato tecnologie evolute, dottrine scientifiche dettagliate, rami del sapere sempre più approfonditi ma ancora oggi mancano le risposte alle domande più essenziali e profonde: il senso della vita, il suo significato: siamo ancor oggi incapaci di guardare dentro noi stessi. La vita è una questione lasciata ancora al mistero.
Se pensiamo a fenomeni come l’ufologia (che ci fa porre l’attenzione alla presenza della vita nell’intero universo) ecco che si conferisce subito un’esclusione totale dalla conoscenza, perché ancor oggi abbiamo paura ad affrontare in termini fondati argomenti fondamentali come la comprensione della nostra origine e la meta a cui siamo destinati.
Noi moderni siamo finiti nel perdere la speranza di avere risposte, questo è il problema più profondo. Se pensiamo a tutta la conoscenza che esiste, in tutte le dottrine sviluppate sino ad oggi. Ecco che ci accorgiamo come è assente la risposta più essenziale, ma questo non è un problema in quanto se siamo esseri in evoluzione questo significa che cambiamo ecco che possiamo finalmente concepire un percorso e questo percorso possiede delle basi fondate.
La nostra idea generale posseduta fino ad oggi, è quella di concepire l’Universo, solo sotto il punto di vista materiale. Come abbiamo affrontato nell’argomento in precedenza noi concepiamo solo ed unicamente la materia e questo è un errore; non solo: siccome abbiamo concepito tutto in termini materiali abbiamo assegnato alla realtà dell’Universo una natura meccanica, amorfa come se esso fosse un qualcosa di inerte, morto e spento.
Se riflettiamo sul fatto che noi facciamo parte del cosmo e lo osserviamo arriviamo presto a sostenere la negazione di quanto detto sopra. Infatti, se noi siamo vivi e nell’Universo c’è vita, è davvero frutto del caso? Vediamo perché l’idea è completamente diversa da quanto abbiamo sostenuto e com’essa si fonda su basi logiche elementari e semplici.
Pensiamo al Big Bang: l’Universo nasce forma tutti i corpi celesti con delle variazioni implicite, poi inizia il suo percorso dove tutto muta, dove tutto cambia. Ora possiamo semplicemente pensare al fatto che l’Universo stesso contiene miliardi di variabili, ossia pensando solo alla semplice operazione 400 miliardi di stelle medie in ogni galassia per 400 miliardi di galassie sino ad oggi ritenute dalla scienza esistenti nell’Universo possiamo dire che il potenziale che si manifesti una condizione atta alla formulazione della vita è davvero enorme. Ma questo è solo un dato di per sè, pensiamo a cos’è la vita nella sua sostanza. Due parole ci danno un significato e il punto di partenza per riflettere sulla vita: materia ed evoluzione. Ora procediamo con un ragionamento preciso partendo dalla materia.
Dall’origine dell’Universo tutti gli eventi correlati (dove in un sistema ogni evento assorbe in realtà tutti gli altri eventi è una catena non esiste un qualcosa di isolato) danno luogo all’equilibrio straordinario tra Terra e Sole.
Partendo dal presupposto abbastanza scontato riflettiamo sul fatto: cosa siamo? Siamo materia.
Riflettiamo su un fatto: la materia principale che ci compone è di 5 elementi principali: azoto, fosforo, idrogeno, ossigeno, carbonio. L’aspetto sorprendente è che la nostra materia non è un qualcosa di raro e unico, ma è la più abbondante in tutto l’Universo osservato quindi siamo composti della stessa materia universale. Ma sorprende anche un altro fatto: se troviamo del carbonio, dell’azoto, del fosforo, sono sempre elementi essi che possono trovarsi in uno stato normale ossia questi componenti non fanno ciò che fanno i viventi. Per comprendere questo aspetto straordinario dobbiamo andare in modo semplice al cuore del problema: cos’è la materia?
Se osserviamo la materia che compone la realtà che ci circonda vediamo delle cose, ma se andiamo ad esplorare la materia vivente abbiamo delle sorprese infatti in questa ricerca emergono fenomeni meravigliosi, eppure si tratta di atomi: quindi elettroni, protoni e neutroni.
Andiamo al nodo della questione. Partiamo dal presupposto che dal Big Bang si genera l’Universo, quindi riflettiamo sul fatto che la materia nasce in un punto della storia e si sviluppa da una realtà che non è materia ma appartiene ad una dimensione dell’esistenza completamente diversa dalla natura materiale: quarta dimensione.
Questo dato è importante perché lo ritroviamo anche nella materia nel suo infinitamente piccolo. La struttura fondamentale della materia, in qualunque forma possiamo osservarla attorno a noi si compone di atomi, organizzati ovviamente in modalità diverse.
Gli atomi, a loro volta si compongono di ulteriori particelle: protoni e neutroni a formare un nucleo al centro, ed elettroni ad orbitare all’esterno, una forma che idealmente ci ricorda un sistema solare microscopico, ma la correlazione è solo ideale, non uguale.
C’è un limite fondamentale, ossia delle particelle elementari noi non possiamo più conoscerne i fenomeni allo stesso modo di cui facciamo con i pianeti e con i grandi corpi che ci circondano. Al contrario noi abbiamo un limite scientificamente invalicabile, possiamo solo conoscere le proprietà di un sistema di particelle.
Questo aspetto che ai profani può apparire irrilevante, è la causa del più sconvolgente cambiamento della fisica e della filosofia. I sistemi di particelle, ossia i fenomeni che avvengono nell’infinitamente piccolo della materia, si evolvono in modo che la fisica enuncia come “casuale”.
In pratica quando osserviamo corpi di grandi dimensioni noi possiamo sempre vedere una causa e un effetto, ossia ad esempio due sfere collidono ed entrambe deviano la loro traiettoria. La collisione e le forze in gioco sono la causa, l’effetto sono le traiettorie che vediamo dopo la collisione. Questo aspetto detto in modo molto elementare chiarisce un campo di comprensione della scienza.
Nelle particelle, avvengono fenomeni dove in molti casi esse compiono fantastiche deviazioni quando in realtà non dovrebbe avvenirne alcuna. In modo più semplice è come se le particelle interferiscano con qualcosa, e si creano delle condizioni casuali assolute dove noi in qualità di ragione umana, possiamo solo conoscerne una stima di probabilità.
Fate molta attenzione a questo passo fondamentale, questo qualcosa, o questa causa non causata, si trova all’esterno della fisica, e non è possibile enunciare alcunché su di esso che interferisce con le particelle di materia.
Questo fatto sorprende per molteplici motivi. Da una parte c’è un limite invalicabile, quello dell’indeterminazione che non ci consente in modo assoluto di conoscere l’esatta condizione di un sistema di particelle. Dall’altra si enuncia l’interferenza di un qualcosa che produce degli effetti sulla materia ma che è impossibile da determinare, e certamente non ha alcuna proprietà fisica a noi nota.
Un ultimo punto che fino a questo momento non ho citato è che la materia a livello di particelle possiede una doppia qualità, può comportarsi come concreta (ossia come potremmo intendere in modo comune come particelle solide, con un certo peso per intenderci) ma può anche comportarsi come un onda immateriale.
Questa stranissima qualità della materia nella sua struttura fondamentale, è alla base di moltissimi esperimenti, tra cui certamente uno dei più sorprendenti è il teletrasporto quantico. Cos’è?
In modo sempre semplicistico (mi scuso con i cultori di questo ramo della scienza, ma è allo scopo di chiarire bene un settore così specialistico), le particelle hanno la potenzialità di poter scomparire in un punto dello spazio e ricomparire istantaneamente in un altro anche molto distante senza aver intrapreso nessun percorso. Per comprenderci meglio, è come vedere un’auto scomparire da un versante del Monte Bianco e vederla comparire istantaneamente in quello opposto senza aver percorso alcun tunnel o percorso intermedio. Osservando questo fenomeno risulta subito chiaro che le concezioni fisiche considerate invalicabili lasciano il posto ad aspetti interamente nuovi, come la possibilità delle particelle di poter interagire l’una con l’altra anche a distanze molto ampie senza essere a contatto.
Tutti questi dati hanno aperto uno scenario completamente nuovo e tali argomenti ci saranno molto utili per andare al cuore del fenomeno vita e quindi analizzando il percorso ed il senso di questo percorso (ed anche nel fenomeno Ufo).
Se andiamo ad interrogarci quale sia il punto di sintesi tra la nascita dell’Universo e la materia nel suo infinitamente piccolo, occorre rilevare come il luogo da cui l’Universo si è formato e quel qualcosa che è al di fuori della fisica che “causa” ed interferisce con le particelle elementari è una DIMENSIONE NON FISICA, NON MATERIALE, E’ UNA DIMENSIONE ESTERNA ALLA LOGICA DELLA SCIENZA.
Possiamo fare a questo punto due scelte: la prima è non prendere in considerazione questa dimensione e come si può intuire intraprendiamo il percorso della scienza meccanicista andando quindi a rilevare solo la materia, i suoi effetti che ci risultano ancor più misteriosi perché non conosciamo le cause, ma ci neghiamo di osservare come realmente stanno le cose.
Diversamente possiamo prendere in seria considerazione che quando pensiamo al reale come MATERIA = ESISTENZA non è poi così assoluto come immaginiamo, ma si poggia su una realtà esistente che non possiede le stesse peculiarità della materia. In questo secondo caso che si apre un percorso che vale sicuramente la pena di comprendere, e arriviamo subito ad un primo dato: ESISTE UNA DIMENSIONE DIVERSA, LA QUARTA DIMENSIONE.
Ciò assume una grande importanza se concepiamo l’idea meravigliosa e logica che in tutto l’universo esiste il fenomeno vita, cioè noi e tutte le forme viventi su questo pianeta.
Se andiamo ad osservare le forme viventi possiamo concepire il percorso verso una direzione ben precisa. Ossia la materia vivente ha acquisito una proprietà aggiuntiva rispetto alla materia che definiamo non vivente: ossia ha aumentato la sua interazione con la realtà della quarta dimensione. Proprio per questo i fenomeni della materia vivente appaiono così straordinari.
Una proteina è una catena di amminoacidi, più precisamente è una molecola complessa composta da molecole più piccole; la sua funzione nell’organismo vivente è una tra le più fondamentali.
Il DNA è la macromolecola e il progetto che contiene le informazioni dell’organismo; l’RNA è l’architetto. La proteina è contemporaneamente il materiale da costruzione, la fabbrica che effettua il pre-assemblaggio, l’appaltatore, il caporeparto, il subappaltatore, l’operaio specializzato e gli stessi attrezzi.
All’interno di un organismo le proteine compiono tutte queste funzioni, e sebbene abbiano l’informazione per mezzo del DNA, occorre riflettere sul fatto che in ogni loro operazione, come vedremo, non possiedono il progetto finale.
E’ un po’ come dire costruisci una casa, questi sono i materiali, questa è la tecnica di costruzione ma queste informazioni non ci dicono come dobbiamo farla ossia non definiscono completamente il progetto finale.
Ad esempio, le proteine allo scopo di difendere l’organismo riconoscono e neutralizzano gli antigeni estranei cambiando forma e chiudendoli in una trappola mortale per poi memorizzare la forma e trasmetterla al resto dell’organismo.
Per operare correttamente in questa e moltissime altre funzioni, le proteine debbono avere la possibilità di effettuare dei ripiegamenti, in questo caso deve effettuare un ripiegamento molto preciso e soprattutto lo deve effettuare al minimo assoluto di energia.
Questo aspetto può apparirci semplice, ma si rivela enorme, più di ogni nostra immaginazione pensando che una proteina di modeste dimensioni può effettuare 400 miliardi di conformazioni diverse tutte molto simili a quella corretta necessaria al momento. Ebbene accade che la proteina trova l’esatto ripiegamento quindi 1 su 400 miliardi in pochi brevissimi istanti e al minimo assoluto di energia.
Dopo alcuni decenni di ricerche e l’impiego dei più potenti strumenti di calcolo, per noi umani è stato impossibile risolvere una sola configurazione minima di energia per una semplice catena di amminoacidi.
In pratica ogni tentativo fisico classico di spiegare questi fenomeni e moltissimi altri che accadono in un organismo vivente ogni istante della sua vita, è puramente fallito. Al contrario è stato possibile comprendere cosa avviene cambiando l’approccio al problema e portando alla luce nuovi esperimenti.
Ad esempio il ripiegamento si rende possibile in così brevi istanti e al minimo assoluto di energia in quanto le particelle stesse delle molecole viventi si avvalgono dell’effetto tunnel, quindi compiono uno spostamento nello spazio in tempo istantaneo. Dal nostro punto di vista può apparire uno spazio molto piccolo, ma a livello di molecole e grandezze di particelle la distanza è enorme. Se fossimo a grandezza del sistema solare, è come vedere il Sole scomparire dal punto dove si trova e comparire al punto estremo del sistema solare oltre l’orbita di Plutone. Il che è sicuramente un effetto rilevante.
Appare quindi sorprendente a livello di materia come il fenomeno dei viventi pur essendo elementi comuni all’Universo, a livello di particelle, delle unità fondamentali dei viventi DNA, RNA, proteine, nelle cellule e quindi anche nei neuroni del cervello, a differenza dei fenomeni che accadono nella materia inerte, manifesta una maggiore intensità di fenomeni legati alla natura quantica. In pratica appare molto evidente come la materia vivente ha intensificato l’utilizzo degli effetti quantici per produrre fenomeni molto complessi, come quello delle proteine che supera le nostre capacità di calcolo attuali, per effettuarli in tempi istantanei con il minimo dispendio di energia. Questo è il miglior fenomeno di ottimizzazione mai osservato nell’Universo conosciuto.
In una serie splendida di esperimenti (Jaqueline Burton Stanford University) è stato possibile dimostrare come nel DNA, quale molecola fondamentale dei viventi, l’effetto tunnel che consente una comunicazione a grande distanza all’interno della molecola consente di chiarire molti aspetti: quello dell’evoluzione ed anche le patologie gravi come tumore e cancro.
Cosa vuol dire tutto questo? Fondamentalmente, la materia vivente rispetto a quella inerte manifesta chiaramente e senza alcun dubbio un’interazione maggiore con la “causa non causata” ossia quella realtà che abbiamo anticipato in precedenza come origine dell’Universo, quindi “c’è un qualcosa che si trova all’esterno del senso fisico del mondo che interagisce e crea un’evoluzione della materia”.
La domanda che mi pongo è: dobbiamo arrenderci al fatto di considerare questa realtà come imprescindibile? E come mai tanto più indaghiamo nella scienza e tanto più fuoriesce l’interazione con qualcosa di non fisico che si trova all’esterno della stessa scienza? La risposta è: possiamo trovare un senso a tutto questo. Seguitemi e andiamo al nodo del problema.
A livello di organismo, prendendo in esame noi stessi, è indubbio che il ruolo di importanza fondamentale è del cervello. Il cervello è ciò che siamo in qualità di esseri, di persone, ed è certamente “l’oggetto” più misterioso e complesso di tutto l’universo conosciuto.
Un organo che si compone di quattro diversi organi, tutti impilati l’uno sull’altro in ordine evolutivo dove l’ultimo domina la serie, è la neocorteccia. Essa si compone di un numero straordinario da 10 ai 20 miliardi di neuroni tutti collegati con diecimila miliardi di connessioni. L’aspetto più sorprendente non sono queste cifre astronomiche, ma il puro fatto che non esiste un progetto definito, ossia tutte le connessioni appaiono casuali.
Senza addentrarci nei dettagli di un argomento così splendido (occorrerebbe troppo tempo) pensiamo semplicisticamente al fatto che il cervello e le connessioni tra neuroni sono il nodo centrale dell’elaborazione delle informazioni.
Ebbene le connessioni e i neuroni producono degli schemi all’atto dell’elaborazione, in cui un neurone può assumere uno stato di eccitato o inibito che è un po’ come l’equivalente di acceso o spento. Ogni neurone non è un luogo specifico che elabora una determinata informazione, bensì l’elaborazione è all’interno dello schema composto dall’insieme della rete di neuroni, praticamente è da nessuna parte e dappertutto.
Emerge quindi un quadro molto importante: da dove trae la sua coerenza lo schema partendo da basi del tutto casuali (all’apparenza s’intende)? Ci ritroviamo di fatto che ogni neurone compie la sua elaborazione partendo dagli effetti quantici dell’infinitamente piccolo da dove trae il suo stato. Quindi si determina un procedimento, l’impulso dalla rete viene acquisito dal neurone, è elaborato e ciò avviene con l’interazione all’interno del neurone dagli effetti quantici della materia ed è nuovamente distribuito alla rete, dove gli altri neuroni compiono la stessa procedure. Naturalmente l’elaborazione non avviene neurone per neurone, ma è distribuita su tutta la rete.
Ovviamente abbiamo saltato un infinità di dettagli ma ciò che ci interessa al momento è come considerare il cervello umano sotto questa nuova visione. L’importanza del cervello risiede su quasi tutta l’interezza dell’organismo, quindi coordina tramite il sistema nervoso centrale tutto il corpo, nondimeno acquisisce dati li elabora e li trasmette. Ovviamente tutto è stato semplificato, ma alla luce della natura quantica della materia, il cervello è anche l’organo che ci consente di pensare, elaborare idee, sentimenti, sensazioni, emozioni, intuizioni e così via, ossia tutto l’insieme di ciò che siamo è nella sua concretezza il cervello.
Ora la questione che emerge dalla nuova impostazione della scienza è che il cervello appare come un ente materiale che si predispone ad amplificare gli effetti quantici della materia dall’infinitamente piccolo in sistemi sempre più grandi sino all’intera rete cerebrale, ma anche all’insieme di cervelli che sappiamo come noi individui interagiamo gli uni con gli altri. Quindi si può attribuire in senso fisico al cervello un nuovo appellativo quello di amplificatore quantico.
Questa definizione ci permette di analizzare la questione da un punto di vista profondamente diverso. La scienza, ben sappiamo, deve arrestarsi agli effetti quantici, ciò significa che essi possono essere studiati, ma ci troviamo nella posizione di analizzare delle condizioni e degli effetti, ma non comprendiamo le cause e come sappiamo esse fuoriescono dal senso fisico e materiale del mondo. Ora pongo una domanda molto importante: quanto di noi stessi è materiale e quanto non lo è?
Sappiamo in un certo senso che stiamo andando oltre con questa domanda, tuttavia come abbiamo compreso da questo percorso se rimaniamo solo nella gabbia del materialismo non possiamo comprendere molte cose. Infatti, se analizziamo noi stessi, vediamo che non siamo automi meccanici, ma siamo esseri come molti altri in grado di manifestare un’intelligenza, nondimeno siamo in grado potenzialmente di scegliere perché possediamo il “libero arbitrio”.
Se riflettiamo sul nostro semplice atto del pensare, emergono cose di grande importanza. Ciò che sentiamo, proviamo anche con i sentimenti, con l’orientamento di idee, con la percezione di una conoscenza di qualsivoglia natura, noi ci poniamo in un ruolo essenziale, ossia stiamo sperimentando l’interazione di due realtà: quella materiale e quella della non materia, perché? Ad esempio noi riceviamo due tipi di impulsi: tramite i sensi riceviamo informazioni dalla realtà materiale, tuttavia tutti i segnali che giungono al nostro cervello sono impulsi e ci segnalano qualcosa, ma sono di natura molto diversa dalle cose in se. Se vediamo una persona, riceviamo l’impulso dell’immagine rappresentato da onde luminose che giungono ai nostri occhi, tuttavia l’impulso che va al cervello è un qualcosa di molto diverso sia dalla persona che stiamo vedendo, sia dalle stesse onde luminose che giungono sui nostri bulbi oculari.
Ad ogni modo riusciamo a percepire la realtà che è attorno a noi, addirittura abbiamo elaborato dei sistemi per cercare di conoscere al meglio la realtà che ci circonda, ma non abbiamo di essa conoscenza completa. Infatti dobbiamo attuare una conoscenza. Riflettendoci è una cosa abbastanza strana, il nostro cervello è di carne, è materia, e quando accadono degli effetti quantici, e come abbiamo visto accadono tanti fenomeni sia nel nostro cervello sia nel nostro organismo, è sorprendente il fatto che non conosciamo noi stessi a livello materiale anche se siamo di materia. Quindi dobbiamo attuare una conoscenza, ossia un sistema che ci porta seppur in modo limitato alla comprensione delle cose materiali e fisiche, dei fenomeni che si trovano nell’Universo.
Ma cosa ci enuncia questa condizione? Un aspetto semplice ma profondo: che il cervello umano non si limita esclusivamente a ricevere informazioni dal mondo materiale e ad elaborarle alla stregua di un automa, non è al 100% razionale, lo sarebbe se non fosse manifesta una controparte: la coscienza.
A questo punto possiamo riflettere su una condizione: dov’è materialmente la nostra coscienza? Gli impulsi che riceviamo dall’esterno tramite i nostri sensi, vengono da noi elaborati, gli schemi del nostro cervello si avvalgono degli effetti quantici, ossia dell’interazione dall’infinitamente piccolo con la realtà non materiale che è emersa in modo interessante in tutto il nostro percorso compiuto sino ad ora. La nostra coscienza come interiorità attinge la sua essenza nella realtà non materiale e offre il suo impulso agli stati cerebrali. Ma come ci risulta in modo ben evidente non abbiamo una coscienza a priori di tutta la realtà dimensionale oltre la materia.
Questa nostra condizione tipica di viventi è per via del fatto che il nostro cervello, quindi noi stessi, è una sintesi tra materia e interiorità. Da una parte riceviamo impulsi dalla realtà materiale mentre dall’altra è l’interiorità che produce un’interferenza, e quindi c’è l’elaborazione.
Se prestiamo attenzione a molti fattori psicologici, notiamo come spesso le pulsioni interiori, identificabili anche con illuminazioni di idee, sentimenti, percezioni, non sono supportate da schemi razionali. Ciò significa che buona parte di noi stessi non segue un schema preciso, prestabilito, determinabile. Anche perché se fosse altrimenti, con la psicologia sarebbe possibile comprendere per intero la mente umana (evento sicuramente ancora remoto). Dobbiamo riflettere quindi sulla posizione del nostro essere, dove il cervello percepisce dall’una e dall’altra realtà ed è proprio tale condizione che determina la libera scelta, il libero arbitrio. Questo argomento è di natura molto complessa e coinvolge molti temi come teologia, scienza e filosofia.
Si è arrivati persino a presumere ideologicamente dell’inesistenza di un libero arbitrio.
Tuttavia, ciò che emerge dallo studio del cervello e dai fenomeni quantici è che siamo esseri in grado di operare delle scelte e non siamo automi meccanici illusi del fatto di essere liberi di scegliere, come gran parte della scienza meccanicista tende a far credere.
In una determinata condizione noi scegliamo, e proprio questa fase è di importanza enorme e ci consente di comprendere molto bene la sintesi tra materia ed interiorità. Noi con l’atto della scelta operiamo la funzione di questa sintesi.
Come possiamo interpretare l’evoluzione? Come abbiamo visto valutando la stessa storia della scienza, è possibile scoprire come la ragione umana ha avuto sempre la tendenza a partire da concetti materialistici per poi procedere verso la comprensione della realtà.
La base di tutto è sempre stato un concetto materialista, e la stessa evoluzione è sempre stata considerata in virtù della materia, ma essa come si è appena enunciato, non è altro che una parte congruente di una realtà che in verità è “mezza realtà”, in quanto la stessa materia interagisce con una dimensione non solo materiale.
Molti di noi e gli stessi scienziati evoluzionisti interpretano l’evoluzione nel medesimo modo: subito applicata alla materia.
Un errore comune, importante nell’affrontare il tema dell’ufologia, è quello di pensare all’evoluzione materialistica e quindi tecnologica. Ossia noi pensiamo di essere più evoluti di 3000 anni fa per il fatto di poter volare su aerei supersonici o perché accendiamo la tv in salotto o scriviamo con word sul nostro pc. Pensiamo in questo modo perché di fatto l’uomo è riuscito ad arrivare a questo, ossia l’intelligenza umana raggiungendo una migliore conoscenza del mondo, dei fenomeni, ed è riuscita ad applicare questo sapere al punto di realizzare degli utilizzi tecnologici artificiali.
Allo stesso modo pensiamo di diventare sempre più evoluti progettando e costruendo cose sempre più sofisticate, ma in questo modo cadiamo in gravi contraddizioni.
La tecnologia, almeno come noi la intendiamo, è un aspetto molto limitato del concetto d’evoluzione, non è che un indice molto variabile e come vi sto per illustrare non ci dice molto su di esso se non per l’indice che rappresenta.
Certo, possiamo riflettere sul fatto che altre specie animali non usano i Pc, non usano l’automobile e non si informano sui giornali per sapere che cosa succede ai propri simili, ma questi non sono altro che aspetti che fuoriescono da un percorso che va molto a ritroso rispetto a queste questioni più evidenti. Evoluzione non significa solo tecnologia ma il suo significato si riferisce soprattutto alla qualità del nostro percorso naturale; è giusto quindi sempre specificare i termini con evoluzione tecnologica.
Gli stessi evoluzionisti, in particolar modo i convinti sostenitori della Teoria di Darwin, ci insegnano in modo abbastanza ostinato che l’evoluzione si deve a mutazioni genetiche casuali, che avvengono nell’arco di tempi molto lunghi e che possono determinare in una specie vivente la perdita o l’acquisizione di una qualità.
Se la specie perde qualcosa nel contesto naturale muore; la specie è quindi perdente. Se acquisisce degli attributi invece vince e può continuare il suo percorso evolutivo.
In parole povere questo è ciò che riportano i darwinisti, quindi essi guardano all’evoluzione solo sotto il profilo di acquisizione di particolari qualità della materia e ci precisano tra l’altro che tutto avviene come puro frutto del caso, ovvero tutte le mutazioni sono accidentali sia quando sono positive che quando sono negative.
Nonostante la teoria di Darwin si fregi del suo status di scientificità ed essendo ben salda nelle istituzioni scolastiche, ha di gran lunga meno prove rispetto al fenomeno Ufo che ne vanta molte di più dirette e immediate, il che già può farci riflettere.
Negli ultimi anni gli studi sia sulla natura quantica, sia sui fenomeni strettamente legati alla materia vivente hanno formato uno schieramento di scienziati di ottimo livello che si oppongono alla teoria di Darwin e che sostengono che la nascita e l’evoluzione della vita richiedono che troppe condizioni “casuali” siano soddisfatte indi occorre necessariamente iniziare a parlare di un “disegno intelligente” che sovrasta queste “casualità”.
La questione negli USA è finita in tribunale, ad Harrisburg si sta tenendo un processo, dove i Darwinisti stanno accusando di misticismo la teoria del “disegno intelligente”, tuttavia com’è lecito attendersi in questi casi si mescolano fini politici, religiosi e sociali al punto di andare lontano dall’essenza dei concetti più importanti, quindi dalla verità.
Ritornando all’evoluzione e a quanto ci dicono i Darwinisti, e all’approccio istintivo che abbiamo nel valutare solo e unicamente la materia mi interrogo se questo sia il percorso giusto…
La domanda nasce da un senso più profondo, ossia tutte le specie sono il risultato di lunghi processi evolutivi dove da una parte l’ambiente sostiene la vita mentre dall’altra la vita si adatta all’ambiente.
In questa direzione prettamente materialistica emerge in modo evidente come l’intelligenza e lo sviluppo della stessa si ricerca solo e unicamente con processi di adattamento fisico, materiale e genetico con l’ambiente. Ebbene non esiste una serie di prove né tanto meno una logica sufficiente a farci considerare nel complesso questa idea come la più plausibile e l’unica che possiamo avere in merito all’evoluzione.
In primo luogo, dov’è il grado di evoluzione superiore tra una specie e l’altra? Noi siamo fisicamente vincolati a esigenze e funzioni fisiche del tutto analoghe alle specie animali, non possediamo alcuna dote aggiuntiva, né alcuna capacità fisica superiore.
Al contrario, se vediamo in natura, nella sola essenza fisica, il problema è che la nostra specie è tra le più inferiori in termini di sopravvivenza allo stato naturale, invece la specie umana ha dominato l’intero pianeta. A cosa è dovuta questa superiorità in termini di estensione della nostra specie e il suo dominio sotto alcuni punti di vista rispetto alle altre?
La discriminante tra noi e gli animali va individuata nel fattore intelligenza ciò significa in un certo senso, che rispetto alle specie animali abbiamo una distinzione esile ma profonda ed essa non è affatto fisica, ma risiede nel fattore intelligenza: pensiamo all’universo, cerchiamo di organizzarci in sistemi sociali, cerchiamo di affrontare la natura escogitando dei sistemi razionali, pensiamo all’esistenza di un intelligenza creatrice del tutto. Abbiamo elaborato un sistema per conoscere quanto ci circonda e cerchiamo di comprendere noi stessi, quindi la nostra mente è capace di rivolgersi a se stessa.
Questi aspetti ci distinguono profondamente dalle altre specie. E’ stato quindi logico per gli evoluzionisti andare a cercare le differenze a livello di materia e quindi di geni tra noi e le specie animali.
Emerge che a livello di DNA la specie a noi più vicina è lo scimpanzé che ci somiglia in modo sorprendente. Infatti con il primate dividiamo una porzione di DNA notevole ben il 98,4%, il 97,7% con il gorilla, nella media la differenza non supera mai il 2,5%.
Ci sono altre specie che si differenziano tra di loro quanto noi ci distinguiamo dallo scimpanzé eppure la differenza in termini di sviluppo ed evoluzione non è come tra la specie umana e queste scimmie.
Le ultime ricerche condotte dall’istituto di Antropologia Max Planck, hanno mostrato come gli organi degli scimpanzé hanno una straordinaria similitudine con quelli umani, tuttavia pur condividendo con i primate una percentuale così elevata del DNA, la reale differenza è nei geni attivi che negli esseri umani sono di gran lunga superiore.
Dov’è dunque la reale differenza tra noi e gli scimpanzé?
La maggior parte delle espressioni genetiche attive sono tutte localizzate nella parte cerebrale ossia nel cervello. A livello evolutivo, la mappa del menoma mostra che sorprendentemente la specie umana sembra, a livello di DNA, aver subito un’accelerazione di sviluppo di 5 volte superiore nel cervello rispetto agli scimpanzé.
Secondo questi dati risulta che nessuna specie esistente sulla Terra nel percorso evolutivo abbia subito un’accelerazione di espressioni genetiche così superiori. Naturalmente è inspiegabile sia il motivo dell’attivazione di tutte queste espressioni genetiche, sia la localizzazione storica precisa, sempre che la specie umana sia realmente un’evoluzione degli scimpanzé.
Ritorno quindi alla domanda: in che direzione dobbiamo guardare all’evoluzione? Se i viventi sono la sintesi delle due realtà, è la materia che origina l’interiorità e che condiziona l’interiorità o viceversa è quest’ultima che determina lo sviluppo della materia?
Possiamo prendere questo quesito e giungere ad un percorso diverso, ossia la materia genera la struttura e come abbiamo visto le strutture materiali viventi assorbono una maggiore interazione con la “causa non causata”, ciò significa che la controparte interiorità comincia essenzialmente a manifestare un impulso maggiore.
L’evoluzione quindi potrebbe essere interpretata nella direzione opposta, ossia dall’interazione della dimensione interiore con la materia. Sono entrambe le parti che sono in sintesi nel vivente, quindi la questione andrebbe considerata in entrambe le condizioni, da una parte la materia si sviluppa in un determinato modo, mentre dall’altra l’interiorità offre un impulso maggiore, più sostanziale. E’ infatti proprio questa parte che ci distingue maggiormente dalle altre specie viventi.
Le specie si differenziano proprio per il livello di interazione con la realtà che definiamo immateriale, che in verità interagisce ad ogni grado e in ogni livello universale.
Emerge dunque in tutta la sua importanza un nuovo elemento ossia l’importanza nell’evoluzione del libero arbitrio, quindi della possibilità di scelta che noi manifestiamo nella varie condizioni.
Infatti se ci riflettiamo in modo profondo, come specie possiamo acquisire un maggiore impulso interiore ed è quello che ci ha permesso di compiere un salto evolutivo rispetto alle altre specie, ma questa condizione è sempre relazionata in modo essenziale al fatto di adoperarci e quindi a scegliere nell’acquisizione di una maggiore interiorità. Cosa significa?
In questa parte molto importante dell’evoluzione possiamo riflettere su un dato essenziale: tutto l’universo è in evoluzione, è in continuo mutamento di stato, anche il fenomeno vita qui sulla Terra non si sottrae a questo principio universale. Le specie si evolvono, tuttavia esiste una certa convinzione comune secondo cui bisogna considerare l’uomo come un risultato finale dell’evoluzione, il che non è molto logico.
Se applichiamo tutto questo ragionamento al tema delle mutazioni della Terra, possiamo riflettere su un dato molto importante.
L’umanità si evolve continuamente, ed in fondo ci appare ormai logico pensare come l’evoluzione può essere interpretata anche interiormente, e come questa parte interiore assumendo sempre più preponderanza verso la materia vada ad acquisire proprietà aggiuntive sulla materia stessa; questo è uno dei motivi principali per il quale diciamo “evoluzione della specie”.
Tuttavia sappiamo che l’Umanità e le specie in evoluzione procedono di generazione in generazione in tempi molto lunghi (milioni di anni) e sappiamo che essi si sviluppano in un determinato ambiente che deve offrire le condizioni per spazi di tempo ancor più lunghi dove non debbono esserci condizioni catastrofiche.
Pensando alla Terra che ha delle continue mutazioni, quindi pensando al fatto stesso che sia la storia sia le prospettive future ci dicono che l’equilibrio non è eterno né per la Terra né per il Sistema Solare, come dobbiamo interpretare l’equilibrio tra la vita come fenomeno e la Terra?
Possiamo avere anche un’altra certezza a prescindere dalla Terra stessa, ossia che il Sole non sarà eterno ma giungerà un momento che il pianeta diverrà nuovamente inospitale.
Nondimeno dobbiamo considerare che quando si ammonisce il comportamento umano di deturpare il pianeta lo si fa allo scopo di allungare questo stato di equilibrio ma non per dargli l’eternità, è solo per non abbreviare i tempi di declino, ma il mutamento dell’Universo giungerà ad un punto in cui il pianeta sarà inospitale.
Che senso ha a questo punto l’evoluzione della vita nel contesto universale che muta e non ne garantisce le condizioni in eterno? Questo è il punto fondamentale che dobbiamo porci, ossia: dove stiamo andando?
Riflettiamo su tutto lo scenario dell’interiorità e dell’evoluzione che è stata posta in esame fino ad ora e possiamo comprendere come la vita va verso qualcosa di straordinario ma molto di più di quanto immaginiamo.
Una vita che si evolve continuamente va verso la non materia, o verso il completo dominio intelligente della non materia, si proietta quindi nella realtà dimensionale diversa diventando un qualcosa di profondamente diverso dal punto in cui era partita.
Questo argomento può apparirci paradossale ma è allineato a ciò ci è stato tramandato dalle antiche civiltà, dai testi religiosi, dalla filosofia e dalla scienza che va osservata con occhi diversi. Il senso della vita quindi va inteso in un ruolo più profondo ed essenziale. Ma possiamo anche domandarci dov’è la possibilità dell’evoluzione, ossia come scegliere nella direzione in cui evolverci? Inutile dirvi, e ciò è abbastanza palese, che noi in senso globale di umanità abbiamo dei profondi limiti all’evoluzione ossia non sappiamo ancora interpretarla, inutile sottolinearvi tutti i problemi drammatici in cui riversa l’umanità ed è altrettanto inutile vedere come la disperazione umana è viva e vegeta anche nelle società definite più evolute nondimeno e ancor di più in quei popoli che riversano in uno stato drammatico.
L’uomo indubbiamente non sa ancora qual è il senso della sua esistenza e ancor di più si allontana dal ricercare non solo una conoscenza ma anche come una conoscenza verso un determinato aspetto sulla natura universale sia in grado di agire sulla coscienza.
Cosa significa quest’ultimo passo? Come abbiamo visto il cervello si trova nel mezzo di due realtà: materiale ed immateriale. Ciò implica che dal materiale traiamo una conoscenza mentre dall’immateriale manifestiamo la coscienza. Possiamo pensare al fatto che la vita ossia il vivere anche di tutti i giorni in modo meccanico può esser fatto anche senza conoscenza, dov’è quindi l’importanza di sviluppare la conoscenza?
Il significato più profondo è che la conoscenza va ad influire nello stato di coscienza e comunque è sempre quest’ultima che potenzialmente determina ciò che siamo, quindi in misura incredibile la nostra esistenza e la nostra capacità di evolvere dipende molto più dall’immateriale cioè dalla connessione con la quarta dimensione che dal materiale. Ancor di più possiamo riflettere sul fatto che tutto va concepito in uno stato di coscienza che ci apre su una nuova via di umanizzazione. Possiamo comprendere questo stato in modo molto semplice nel momento in cui sebbene crediamo di conoscere tutto la vita ci presenta prove drammatiche e perdite dolorose tuttavia è proprio in questi momenti dove proviamo uno stato di impotenza e “non conoscenza” che la nostra mente va a proiettarsi verso la ricerca di qualcosa.
A prescindere dal fatto che possiamo conoscere più o meno bene la realtà che ci circonda e molto meno noi stessi, noi sperimentiamo nelle prove più dure e difficili l’esigenza di andare a cercare quel qualcosa in più di profondo.
Abbiamo quindi una coscienza a priori che è sollecitata da quanto riusciamo a sperimentare nella vita.
Ma se vogliamo concepire questo percorso evolutivo in modo più profondo, dobbiamo pensare che molte delle nostre acquisizioni evolutive si possono concepire con l’intervento di un intelligenza superiore che ci apre la via comprensiva dell’Universo e di noi stessi.
In questo senso credo sia giusto per amore della conoscenza farvi una rivelazione molto importante. Se concepiamo che anche il percorso religioso ha un suo significato di essere che non va inteso esclusivamente sotto il profilo mistico e speculativo, sebbene esistono dei profondi problemi in merito alle interpretazioni, posso comunicarvi che esiste un ritorno molto importante citato 2000 anni fa.
Egli citò il suo ritorno, così com’è citato negli stessi testi religiosi, ed è questo che abbiamo per due millenni considerato un qualcosa di irreale si è in verità avverato.
Il fatto che vi affermi in questa sede che egli sia tornato in forma umana e soprattutto stia compiendo guarigioni prodigiose al di là di ogni immaginazione scientifica, ha lo scopo di iniziare un percorso divulgativo molto importante. Questo ritorno rappresenta il motivo per il quale ancora non vi cito le generalità, chi è e dove si trova in quanto dobbiamo raggiungere una preparazione adeguata ad accettare in modo sereno questo ritorno.
Non è poi così impossibile trovarlo anche per via del fatto che moltissime persone nel mondo hanno usufruito di guarigioni straordinarie e tramite queste persone è possibile trovarlo.
Ad ogni modo se noi accettiamo un cambiamento profondo in noi stessi verso un amore incondizionato è un aspetto che può aprirci verso la manifestazione di un grande evento, verso una grande rivelazione che coinvolgerà tutto il mondo. Dipende dalla nostra disponibilità e un evento di questo genere non è una realizzazione così lontana nel tempo come pensiamo ma un qualcosa di straordinariamente vicino.
Io spero che abbiate accolto con positività questa notizia e se l’ho detta in questo momento è per via del fatto che è iniziato un nuovo percorso molto importante che giungerà alla manifestazione di questa verità, non avrei motivo di farlo se non avrei basi certe e assolute di questa verità straordinaria.
E’ quindi giunto il momento di porci in un modo nuovo verso noi stessi e verso l’Universo.
Grazie a tutti voi.
Conferenza di Alessio Follieri
Pisa, 6 Novembre 2005