I Media e la manipolazione delle informazioni
La maggior parte delle persone pensa di vivere in un mondo democratico e libero ma alla fine di questo articolo la loro visuale potrebbe essere molto diversa. E’ importante sapere che i media di tutto il mondo sono in grado di influenzare e riconfigurare i sistemi politici e sociali dei rispettivi paesi, se non spesso di tutto il globo. E’ sempre più chiaro che i media non si occupano solo di riportare ciò che accade, ma essi plasmano e definiscono ciò che accade e ciò che può accadere.
C’è chi parla di “decenni di condizionamento ipnotico” che abbiamo dovuto subire ma oggi le cose stanno cambiando e le menti e le coscienze di molti sono in grado di vedere al di là di ciò che appare, di ciò che è stato fino ad ora, molti sanno come l’arte della manipolazione delle coscienze è stata utilizzata per incanalare il flusso di reazioni di massa, di consenso e di azioni storiche, utilizzando sempre lo stesso sistema, la stessa logica cinica e incosciente.
Le aziende che si occupano del controllo delle informazioni – sia nel settore privato sia in quello governativo – hanno un giro d’affari annuale di milioni di dollari. Le masse ignoranti e non informate sono di gran lunga più facili da manipolare di masse istruite e che ragionano. Corporazioni e governi hanno dedicato molti decenni e centinaia di miliardi di dollari alla ricerca del metodo migliore per influenzare la gente.
Infatti, di generazione in generazione, con gli stessi stratagemmi, le stesse tattiche di selezione e ammissione, le stesse dichiarazioni che influenzano e distorcono le menti degli ingenui il sistema dei media ha plasmato e ingannato le masse inducendo in loro la nascita di falsi ideali, principi irreali e di pericolosi nazionalismi e fanatismi. Si può affermare che “la violenza è per una dittatura quello che la propaganda è per una democrazia”. Per giungere ad una più profonda comprensione delle vere dinamiche storiche mondiali, presenti e future è necessario riesaminare molti concetti e avvenimenti che riteniamo assodati. Solo così diverremo meno influenzabili nei confronti di ciò che il potere ha scelto e sceglierà per noi.
La paura rappresenta un potente mezzo per acquisire il controllo sociale di una popolazione; gli effetti negativi dei media sui consumatori stanno operando proprio in questo senso, dato che da decenni si è ampiamente riconosciuto che coloro che assistono con regolarità a film e/o programmi televisivi violenti reputano il mondo molto più spaventoso, pericoloso e violento di quanto non accada a coloro che seguono gli stessi media ma in misura minore, o che non li seguono affatto; lo stesso, incidentalmente, vale anche per coloro che seguono regolarmente i notiziari della sera. Per di più lo psichiatra Robert Coles scrive che i bambini di alcune aree degli USA sono più spaventati (dal mondo) dei loro coetanei del Libano o dell’Irlanda del Nord; ciò può davvero avere a che fare con il fatto che alcuni dei più violenti programmi televisivi sono cartoni animati destinati a bambini in tenera età.
Le potenziali conseguenze di tutto questo sono sconcertanti; per proteggersi da cose che non esistono, una generazione cresciuta nella paura del mondo potrebbe essere disposta a compiere gesti insani, come ad esempio sacrificare le proprie fondamentali libertà civili in cambio di un illusorio senso di sicurezza (Jhally & Dirozzi, 1994; Pipher, 1994).
E’ necessario sapere che alla base della divulgazione dell’informazione vi è un complesso e ben architettato sistema di selezione necessario affinché alla gente arrivi solo ciò che serve al potere. In cima ai pensieri della Casa Bianca vi è il dominio globale e la direzione dell’economia mondiale attraverso il controllo dell’informazione.
Mentre la Seconda Guerra Mondiale era ancora in corso, “la dirigenza statunitense riconobbe la centralità del controllo dell’informazione per la conquista della superiorità a livello mondiale. Ben prima che il mondo nel suo complesso potesse prendere qualche contromisura in proposito, gruppi statunitensi privati e governativi stavano attivamente promuovendo su tutti i continenti la propria supremazia culturale e delle informazioni. I film ed i programmi televisivi statunitensi sono “la fonte primaria dei sistemi nazionali della maggior parte dei paesi. I canali di informazione, in particolare la CNN, presentano al pubblico mondiale i punti di vista degli USA, che a volte sono visuale proposta.
La musica, i parchi a tema e la pubblicità statunitensi ora formano una parte rilevante dell’ambiente culturale mondiale…”. “Ad ogni modo, quello che in questa sede riveste un particolare interesse è l’abile combinazione fra strumenti informativi e principi filosofici – una miscela che alimenta la spinta verso un potere culturale concentrato. Alla base di tale sviluppo non vi sono le leggi del caso bensì una pianificazione strategica, di rado identificata in quanto tale, e che è andata ben oltre le iniziali aspettative dei suoi ideatori” (Schiller, 1995; Allen, 2000).
Il 19 Febbraio 2002 il New York Times riportò che l’Office of Strategic Influence (OSI) del Pentagono stava “elaborando dei progetti per divulgare notizie, magari anche false, a beneficio dei media stranieri nell’ottica di influenzare l’opinione pubblica e i decisori politici di paesi amici e non”.
L’OSI fu creata proprio a ridosso dell’11 Settembre “per pubblicizzare” il punto di vista governativo nei paesi islamici e per procurare sostegno alla “guerra contro il terrorismo” condotta dagli USA. Quest’ultima notizia solleva la seria preoccupazione che l’OSI, lungi dall’essere un’onesta iniziativa per spiegare la politica statunitense, possa invece essere un programma intimamente antidemocratico impegnato a diffondere disinformazione e a fuorviare il pubblico, sia a livello nazionale sia all’estero…
La legge impedisce al governo di fare propaganda entro i confini nazionali, pur tuttavia il nuovo progetto dell’OSI con tutta probabilità determinerà la presenza di disinformazione nei servizi dall’estero raccolti dai canali di informazione statunitensi (“Media Advisory: Pentagon propaganda plan…”, 2002). I realizzatori di film di Hollywood ed il Pentagono vantano una lunga tradizione di cooperazione. Il Pentagono considera l’industria cinematografica un settore importante delle relazioni pubbliche e, secondo un memorandum recentemente pubblicato, ha dichiarato che “per noi le rappresentazioni dei militari sono diventate qualcosa di più di uno “spot pubblicitario” – il che spiega il forte interesse dell’aeronautica Militare nel partecipare alla breve serie reality della CBS “American Fighter Pilots”, che seguiva le vicende di tre individui mentre si addestravano al pilotaggio degli F-15; i produttori esecutivi erano Tony Scott (regista di Top Gun) ed il fratello Ridley Scott (regista di Black Hawk Down).
Date le enormi spese che le attrezzature militari comportano, per un produttore cinematografico è finanziariamente sensato avvalersi della cooperazione dei militari stessi; comunque ciò spesso comporta la modificazione delle sceneggiature affinché queste si conformino alle esigenze ed alle volontà del Pentagono (vale a dire che il personale militare e governativo dovrà essere raffigurato in modo più positivo ed eroico, che le convinzioni ideologiche statunitensi verranno corroborate e non messe in discussione, e così via). Tra i film che hanno ricevuto assistenza dal Pentagono ricordiamo: “Air Force One” (1997), “Codice d’onore” (1992), “Armageddon (1998)”, “Caccia a ottobre rosso” (1990), “Pearl Harbor” (2001), “Giochi di Potere” (1992), “Windtalkers” (2002), “Hamburger Hill” (1987), “Il Presidente” (1995), “Il domani non muore mai” (1997), e “Il momento di uccidere” (1996).
Il primo principio fondamentale della manipolazione delle coscienze è la scelta di ciò che deve e non deve essere osservato.Giornalisti e redattori reagiscono agli eventi e ne amplificano il significato scegliendo di scrivere solo su alcuni di questi e di trasmetterli come “storie” al pubblico. Gli eventi che gli operatori dei media selezionano e il modo in cui reagiscono agli eventi scelti, definisce profondamente la natura di ciò che il pubblico crede che stia accadendo.
“La questione è che nelle redazioni più tradizionali la cultura giornalistica è quella di determinare la natura fondamentale di una storia prima di assemblare tutti, o la maggior parte, dei fatti. Proprio come molti teorici elaborano un’ipotesi fondata prima di raccogliere i dati; molti giornalisti sono soliti formulare l’angolazione, o schema, di una storia prima di intervistare chicchessia, leggere un documento o raccogliere qualsiasi altro dato. A volte sono più inclini a seguire la massima “Non permettere mai che i fatti interferiscano con una buona storia”. Perché accade quello che accade? I motivi sono vari, tuttavia uno dei principali continua ad essere che “la mutevole struttura economica delle reti televisive ha eroso i (loro) principi professionali. Lì dove un tempo fioriva una cultura dedita ad un grande giornalismo, se ne è insediata una dominata dagli MBA (Master in Business Administration) e dalla responsabilità finanziaria; la responsabilità verso gli azionisti (per far soldi) ha sostituito la responsabilità verso la democrazia e i cittadini dei quali è al servizio” (Pavlik, “News framing adn new media”, 2001).
Il secondo principio fondamentale della manipolazione delle coscienze è che tramite il processo di selezione (e omissione) i mass media definiscono l’ordine del giorno della politica e lo fanno in modo molto più decisivo e con maggiore impatto di quanto non facciano gli sforzi dei politici e dei partiti. Il tipo di media a disposizione, i contenuti proposti, l’atteggiamento o taglio adottato per trasformare l’informazione influenzano in modo determinante il pensiero del pubblico, il suo modo di pensare, le decisioni e le scelte delle loro esistenze.
Più si riesce a non farsi ingannare dalle selezioni dei mass media, dai programmi personali, dalle limitazioni dei suoi addetti, a discernere ciò che succede, e più ci si potrà sbarazzare della manipolazione dei mass media.
Una delle cose più importanti da individuare è il “senso”, la direzione e l’impostazione della notizia, come dire la sua “angolazione”. Con la nascita di sempre più numerosi canali televisivi che divulgano notiziari e informazioni con frequenza crescente proponendo notizie con la stessa angolazione diventa semplice accorgersi della parzialità delle fonti e del fatto che le vicende riportate sono tendenzialmente faziose.
Per esempio basti pensare alla martellante e massiccia campagna lanciata dai media americani quando cominciarono a raccontare al mondo che l’Iraq possedeva armi di distruzione di massa, il senso di quelle informazioni era ovviamente manovrato perché né i media né le autorità e gli organismi internazionali ebbero mai le prove di tale affermazione, ma ciò nonostante i notiziari portarono avanti senza sosta la loro opera di convincimento circa la colpevolezza di Saddam Hussein preparando le basi per l’accettazione della popolazione di un intervento militare.
La scelta di dare un impostazione parziale e di parte alle notizie divulgate c’è sempre stata, ma oggi si è spinta ad un punto in cui il suo uso può determinare grossi impatti. Con le “notizie globali” in un villaggio elettronico virtualmente istantaneo, il ruolo delle notizie su questioni importanti talvolta ha un impatto maggiore di quanto non avesse nelle precedenti generazioni “della carta stampata”.
“L’angolazione elettronica” può seminare il panico in pochissimo tempo, persino fra miliardi di persone virtualmente in una notte, come è accaduto per la SARS. Di conseguenza dobbiamo confrontarci con la prospettiva in modo dinamico per contrastare i suoi effetti negativi e la sua tendenza a fomentare l’isterismo collettivo. L’angolazione adottata in questo caso fu la seguente: l’epidemia sviluppatasi a grande velocità, al di là di qualsiasi controllo, ha ucciso dal 4% al 15% delle persone che hanno contratto il virus, danneggiando l’economia di Toronto e Hong Kong per alcune settimane.
La realtà fu che i ricercatori non erano ancora sicuri se la maggior parte dei casi fossero dovuti allo stesso virus molto prima che la stampa perdesse interesse, e in realtà la vera entità del rischio non è mai stata valutata. Alcuni medici riferirono che si erano avuti ottimi risultati somministrando medicinali poco costosi, ma i media non si trovavano da quelle parti per trasmettere questa informazione.
L’altro aspetto che va considerato è che i media hanno anche lo scopo/necessità di creare sensazionalismo in ciò che raccontano anche se spesso nelle notizie e nei fatti non c’è niente di sensazionale. Sono molti i soldi che entrano con i guadagni della pubblicità per l’enorme pubblico generato dall’”angolazione allarmistica”. Gli stregoni adesso ricorrono anche a colonne sonore in crescendo per provocare un impatto emotivo più forte. Le nostre vite sono quindi altamente esposte a fenomeni di psicosi e isterismo. La prospettiva riproposta all’infinito nel modo di raccontare il caso della SARS è servita più a creare psicosi che a dare al pubblico informazioni concrete sulle varie risposte della scienza alla SARS. Di conseguenza, la popolazione ha reagito sconsideratamente e non sulla base di fatti reali ma sulla paura che era stata trasmessa dai media.
Questo esempio è facile da comprendere ma molti americani hanno difficoltà a rendersi conto che la stessa cosa è vera anche per il modo in cui sono stati spaventati al fine di ottenere il loro sostegno per l’invasione dell’Iraq. La pura e semplice verità è che, come tutti ormai sanno i fatti scodellati sulle minacce, le armi e i legami di Saddam erano “fumo negli occhi”. L’”angolazione” allarmista trasmessa dai media sull’Iraq e Saddam ha impaurito molti convincendoli a muoversi all’attacco di Bagdad.
Con discorsi imbonitori e cattedratici, coloro che muovono le pedine sulla scena americana (l’elite di potere) sono riusciti a trasformare i media dell’isterismo di massa in complici accondiscendenti per trasmettere spinte “emotive” abbastanza forti da sollevare un’intera nazione contro l’Iraq. I mercanti dei media, specialmente dei media televisivi, stabiliscono continuamente cosa “e’” informazione e cosa “non” è informazione, ciò che “interessa il pubblico” e qual è il “giusto” punto di vista o “angolatura” dell’informazione.
E’ piuttosto evidente che siamo continuamente manipolati da una classe editoriale che ci mette al corrente di determinati eventi e ce ne nasconde altri. Una delle tecniche più efficaci a cui questa classe fa ricorso è quella di “corromperci” con repliche senza fine e aggiornamenti che mantengono alto il livello di “suspense” e generano un senso morboso di paura, psicosi o rabbia per gli eventi che ci presentano.
Senza ombra di dubbio è vero, come sostengono molti giornalisti professionisti, che il giornalista medio in genere lavora sodo per fornire un pezzo obiettivo. Il problema, come ammetterà la categoria giornalistica, è che molto del contesto rilevante e della prospettiva spesso viene lasciato sul pavimento della sala montaggio. Alcune storie importanti e interessanti pronte per essere mandate in onda, non sono mai trasmesse o lo sono soltanto parzialmente. Ci troviamo di fronte al fenomeno dell’”omissione”, una delle più potenti forme di manipolazione editoriale.
Negli Stati Uniti i giornalisti per diventare “embedded” (aggregati, ndt) devono firmare un contratto con il governo che richiede loro esplicitamente di “seguire le direttive e gli ordini del governo” e proibisce loro di intentare causa per lesioni o decesso, anche nel caso tale eventualità “venga determinata o favorita” dai militari. I giornalisti, inoltre, sono quasi totalmente sotto il controllo dei militari e “acconsentono a rinunciare alla maggior parte della loro autonomia in cambio dell’accesso ai campi di battaglia rispettando direttive militari”.
Dall’inizio del conflitto la popolazione britannica è diventata nel complesso più favorevole alla guerra e, al riguardo, il ministro della Difesa britannico Geoff Hoon ha dichiarato che “l’immagine che essi (i giornalisti aggregati) diffondono è, almeno in parte, responsabile del cambiamento di umore del pubblico”. Alla fine di Marzo del 2003 Hoon affermò che “una delle ragioni della presenza dei giornalisti (aggregati) è quella di evitare proprio quel genere di tragedia che molto di recente ha colpito una troupe di ITV, quando un giornalista è rimasto ucciso essenzialmente perché non faceva parte di un’organizzazione militare”. Il reporter di ITN Terry Lloyd e due membri del suo gruppo (il cameraman Fred Nerac e l’interprete locale Hussein Othman) sono stati uccisi da “fuoco amico” (Miller, 2003; “Missing ITN crew…”, 2003).
Il 27 Gennaio 2003 la Cnn ha diffuso presso tutto il proprio personale della cronaca un comunicato. Questo documento, dal titolo “Promemoria di approvazione dei testi”, comunicava il fatto che tutti gli articoli devono passare al vaglio di un anonimo gruppo di redattori di Atlanta, i quali possono richiedere che vengano operati dei cambiamenti; ecco uno stralcio:
“La pubblicazione di un testo non verrà approvata a meno che questo non sia debitamente approvato con contrassegno da un dirigente autorizzato e duplicato per copia d’ufficio…Quando un testo viene aggiornato deve essere nuovamente approvato, preferibilmente dall’autorità che lo ha fatto in origine”.
Ciò significa che, anche se il reporter di stanza in Giordania, a Baghdad o nella West Bank con tutta probabilità comprende lo sfondo e le sfumature del proprio resoconto molto meglio delle autorità di Atlanta, l’anonimo gruppo di redattori della CNN decide che genere di orientamento dovrà assumere l’articolo. Detta in altri termini, la CNN censura sé stessa, oppure acconsente ad essere censurata (Fisk, 25 Febbraio 2003; Goodman & Rendall, 2003). Letteralmente passate sotto silenzio dai notiziari nord americani, per esempio, sono le notizie che riguardano eventi e situazioni in Africa, India e America latina.
Per razionalizzare i suoi peccati di omissione, per molto tempo la stampa ha confuso il pubblico con scuse sulle necessità di tempo e spazio limitati. Ma adesso è soltanto una critica insolente. Col passare del tempo è sempre più facile rendersi conto che gran parte di queste soppressioni sono al servizio di programmi ben pianificati di manipolazione più che al servizio di limitazioni della stampa nel riportare “fatti obiettivi”.
Questo fenomeno è più semplice da riconoscere ora che c’è molto più tempo da riempire. Le diverse reti di informazione talvolta faticano a riempire gli spazi del loro palinsesto e finiscono per infilare negli spazi vuoti sciocchezze su cure anti-rughe, oppure dedicano fin troppo tempo a eventi fasulli, preparati a tavolino, che non sono affatto informazioni ma un nuovo recital di “spezzoni di discorsi” fritti e rifritti del buon vecchio Bush “dei tempi di guerra”.
Fortunatamente, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90, un numero nutrito di persone sta prendendo coscienza del fatto che molte delle principali “notizie” di attualità sono meno “fatti” reali di quanto non siano “atti” attentamente creati attraverso la manipolazione di apparizioni e discorsi. Questi “atti” sono spesso spogliati del loro contesto, riconfezionati e lucidati per aumentarne l’attrattiva, e poi trasmessi e replicati all’infinito dai media, per lanciare “spezzoni di discorsi” e “immagini” come se fossero incantesimi ipnotici.
In altri termini, il nostro mondo e la nostra storia sono sempre meno forgiati da “eventi reali” e da storie raccontate nel modo semplice di giornalisti, intellettuali, scrittori e redattori vecchio stile della carta stampata. Il nostro mondo è sempre più spesso modellato da fomentatori e produttori che scodellano “incantesimi” con effetti multimediali strabilianti, esattamente come “stregoni” che cercano di evocare eventuali reazioni.
Quasi tutta la carta stampata del mondo, e non pochi media televisivi e radiofonici, fin dall’origine sono strutturati in modo da permettere all’editore e ai redattori di parlare al pubblico così da potere influenzare la gestione della cosa pubblica. In questo senso, tutto è manipolato, tutto è un tentativo di influenzare il pubblico, è ormai cosa evidente. I motivi fondamentali sono decisamente semplici. Se desiderate controllare i risultati della politica, il destino delle nazioni e il regolare andamento dello sviluppo economico e della ricchezza, dovete controllare chi parla e questo determina chi è percepito come un personaggio socialmente rilevante, potente e con opinioni valide.
Ciò automaticamente definisce quale sarà il programma di discussione. Quindi, fin dai tempi più remoti, la vera lotta in politica è la lotta per il diritto di parlare, e ugualmente importante, il diritto di sentire. Non c’è nessun altro mistero né per la politica né per l’economia. Se potete controllare o influenzare chi parla, dove, quando e come, allora influenzerete anche chi può avere accesso e sentire quello che sta accadendo. E’ talmente elementare che quasi tutti capiscono la situazione intuitivamente, che è pressoché lo stesso livello sul quale si struttura la politica in America.
La maggior parte delle forme di organizzazione sociale e di direzione sono attentamente pianificate per fissare le regole di inclusione (chi può parlare) e di esclusione (chi non ha il permesso di parlare) e queste regole sono in genere fortemente influenzate dai metodi di comunicazione, il mezzo se preferite. I principi della comunicazione sono l’equivalente sociale della Teoria della relatività di Einstein. Dalla storia degli ultimi secoli abbiamo imparato un interessante corollario a questi principi. Cambiando o spostando i termini e i mezzi della comunicazione, come la tecnologia, è possibile cambiare l’ampiezza di chi è incluso o escluso e quindi influenzare i risultati. Se si è in grado di influenzare i risultati, è possibile guidare il pubblico verso un futuro specifico.
Per un pubblico allargato, la stampa è fondamentale per divulgare le informazioni, ma è unidirezionale, molto lenta e non è direttamente interattiva e neppure molto utile per la presa di decisioni di nessun gruppo sociale. Perciò il processo decisionale con questo metodo è principalmente limitato all’occasione delle elezioni. La radio e la televisione sono molto più flessibili e quindi più interessanti; possono fornire trasmissioni lineari e discussioni interattive, possono fare entrambe le cose contemporaneamente, possono trasmettere discussioni che un gruppo ristretto di persone tiene faccia a faccia con un gruppo più vasto.
Questo è in pratica il tipo di struttura sociale contemporanea creato dai media. Controllando o influenzando qualunque aspetto di uno qualsiasi di questi metodi, si influenzano i risultati. Infatti, alcune delle lotte politiche ed economiche più importanti del passato ruotavano attorno a una battaglia per creare o controllare i mezzi di comunicazione. La garanzia della libertà di parola è, fondamentalmente, il risultato di una lotta per spezzare il controllo monopolistico di chi ha il potere di divulgare il tipo di informazione che desidera. La libertà di credo è una variante di questa lotta. Attraverso gli anni questa lotta ha assunto forme diverse e anche oggi, in questo strano inizio del XXI secolo, sta nuovamente mutando.
La metamorfosi si sta verificando principalmente con Internet, che fonde la comunicazione di tutte le informazioni in una relatività pressoché perfetta dove spazio, tempo e soldi non hanno quasi alcun significato.
La presa di coscienza di questo potere e dell’influenza dei media è iniziata su scala globale con Marshall McLuhan, padre dell’adagio “il mezzo è il messaggio”, coniato durante la guerra del Vietnam quando televisione e radio diedero piena prova di sé. E’ stato quando “i notiziari delle sei” su NBC, ABC o CBS sono diventati i mezzi principali per “snocciolare” i titoli delle storie o dei dati che gruppi di giornalisti ritenevano i più importanti del giorno.
Prima era stata la radio ad avere il compito di registrare le notizie per la generazione precedente. Ma persino durante l’epoca d’oro della radio, i quotidiani metropolitani fornivano i fatti reali e la prospettiva contestuale ai lettori che desideravano le “notizie reali”. Con il suo motto “il mezzo è il messaggio”, Marshall McLuhan tentava di insegnare alla gente a osservare come il nuovo mezzo nazionale della televisione avesse già iniziato a trasformare radicalmente la cultura americana, a spostare le priorità, a decidere di chi si doveva parlare, chi doveva essere visto, che poteva avere successo in televisione e come, oltre a mutare il modo in cui i politici si dedicano a creare eventi e parlare alla gente.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, le forze alleate limitarono la concentrazione dei media nella Germania e nel Giappone sottoposti ad occupazione “poiché notarono che tale concentrazione promuoveva culture politiche antidemocratiche e persino fasciste”.
Negli anni ’50 la proprietà della maggior parte di mass media statunitensi (vale a dire le stazioni televisive, stazioni radio, studi cinematografici, editori di riviste, quotidiani e libri, agenzie pubblicitarie, ecc.) era suddivisa fra più di 1500 società; nel 1981 queste si erano ridotte a meno di 50. Oggi sono soltanto sei: AOL Time Warner, The Walt Disney Company, Bertelsmann, Viacom, News Corporation e Vivendi Universal – con Sony, Libety Media Corporation e General Electric che seguono a ruota.
Nel nostro attuale processo elettorale “raggiungere il pubblico ha preso il posto di quelli che un tempo si definivano “collegi elettorali”. Nello stesso modo in cui i pubblicitari vendono prodotti ai potenziali acquirenti, i consulenti politici commercializzano i candidati per quello stesso pubblico. Nelle elezioni contemporanee, condotte dai media, gli spettatori della televisione, della pubblicità e dei film diventano possibili mercati di potenziali elettori; in senso più lato, i cittadini vengono trasformati in consumatori, collegati ad un prodotto mediatico invece che ad una piattaforma politica” (McChsney, 2000; Nichols & McChesney, 2000; Bagdikian, 2000; Andersen, 2000; Taylor, 2002).
News Corporation, la quinta corporazione dei media più grande del mondo – proprietaria della 20th Century Fox, Fox Television Broadcasting Corp. (che comprende tutti i susseguenti canali Fox quali Fox Sports Channel, Fox Movie Channel, ecc.), riviste quali “The Weekly Standard, Inside Out” e “Tv Guide”, quotidiani come il “New York Post” negli USA, 22 giornali in Australia e nove in Gran Bretagna, fra cui il “Times”, il “Sunday Times” ed il “Sun”, nonché le case editrici HarperCollins e Regan Books – è di proprietà di Rupert Murdoch.
Murdoch ha sfruttato il proprio potere mediatico per grufolare attorno ad alcuni dei più influenti leader della storia recente, fra cui Ronald Reagan, George H.W. Bush, Bill Clinton, Margaret Thatcher e Tony Blair; o, per meglio dire, loro hanno grufolato intorno a lui. Nel caso di Tony Blair, in cambio del sostegno e dell’approvazione alla sua figura sulle pubblicazioni di Murdoch durante la campagna elettorale egli, una volta eletto, è riuscito a cambiare in senso favorevole a Murdoch la politica britannica sui media. In effetti si è citata la seguente frase dello stesso Murdoch: “quando ci si trova in una posizione di monopolio, si ha la tendenza a dettare legge” (Williams, 2000; “News Corporation”, 2003; Jhally, 1997).
Così, in questi primi anni del XXI secolo, non siamo affatto disposti a supporre innocentemente che i media televisivi siano positivi. Almeno, sappiamo che dobbiamo iniziare con un approccio altamente scettico. Come corollario necessario, non possiamo evitare di prendere grandi dosi di pessimismo sull’infinita corruttibilità del potere.
Proseguendo con tale genere di analisi si arriva facilmente alla conclusione che la storia è stata fortemente manipolata da chi detiene il potere nei mass media. Partiamo dall’essenza della storia. Le persone. A prescindere dal luogo, la maggior parte delle persone è accumunata dagli stessi desideri, al di là della cultura, della razza, del continente o persino della fascia di reddito. Le persone desiderano fortemente essere “buoni cittadini” o buoni membri della propria famiglia, comunità o tribù. Vogliono pace, libertà, prosperità e rispetto e sono disposte a impegnarsi perché queste cose siano possibili anche per gli altri di conseguenza, sono disposte, se i capi lo chiedono direttamente, a farsi in quattro per dare il proprio contributo. Il meccanismo è talmente semplice che è veramente difficile capire come possa incepparsi. Iniziamo da uno dei più chiari esempi di malfunzionamento offertoci dalla storia.
Negli anni ’30 e fino oltre la metà degli anni ’40, i mass media afferrarono i “buoni tedeschi” e li condussero attraverso la carneficina più orribile della storia. Questi “buoni tedeschi”, dei tipi industriosi, democratici, sinceri, di buoni propositi e ottimi membri della comunità, furono manipolati e condotti, attraverso la tecnologia dei media, ad appoggiare una delle crociate più folli di tutti i tempi. E’ vero, tedeschi a quel tempo avevano le loro piccole “debolezze”, compreso l’antisemitismo fanatico di Martin Lutero che da 500 anni la chiesa luterana inculcava nei tedeschi. Ma non fu questo il motivo che diede avvio alla crociata. La crociata non si basava tanto sulla debolezza dei tedeschi quanto sui loro valori e punti di forza. Questo è un elemento molto importante e va capito a fondo.
Quasi tutti gli storici ricercatori, perlomeno quelli che hanno scritto in inglese, producono studi che analizzano un numero imprecisato di “debolezze” e un lato oscuro dei tedeschi che permisero al movimento nazista di salire al potere e causare distruzione e morte. Si sbagliano. I nazisti conquistarono il potere imparando a manipolare il lato buono dei tedeschi. E’ questo che rende tutto così tragico.
ll catalizzatore fu una singolare congrega di personaggi squilibrati, ossessionati dal potere e dal dominio, guidati da un uomo dotato di una dialettica sicura e determinata. Si impadronirono dell’ultima scoperta nel campo dei mezzi di comunicazione di massa, la radio, per convincere i “buoni tedeschi” che gli ebrei comunisti e bolscevichi provenienti dalla Russia erano impegnati in una campagna di sabotaggio per disgregare il loro governo e ridurli in povertà, obbedendo ad un ordine mondiale dispotico governato da lontano.
Questa teoria cospiratoria sembra familiare se la si estrapola dal contesto tedesco? Eh sì, è da qui che deriva. Più tardi la destra americana l’ha ripresa quasi per filo e per segno per lanciare la guerra fredda contro chi? Chi ebrei comunisti russi e bolscevichi. Promettendo giornalmente da tutte le reti radiofoniche di condurre la Germania verso un nuovo millennio di sicurezza e pace universale che avrebbe finalmente reso il mondo sicuro per realizzare il “sogno utopistico” del “Volk” (popolo) di giustizia uguaglianza, sicurezza e prosperità per tutti, Adolf Hitler e un gruppetto ristretto di strateghi nazisti iniziarono a diffondere l’idea di un “nuovo millennio tedesco”.
Ovviamente pensavano in termini più vasti di un “Progetto per un nuovo secolo tedesco”. Il “nuovo millennio tedesco” avrebbe dovuto raccogliere niente meno che l’eredità dell’antica Roma imperiale. Con la sola superpotenza tedesca a imperare sul mondo, la storia avrebbe avuto un lieto fine e la gloria intramontabile avrebbe brillato sul Volk. Con il nuovo potere di persuasione delle masse tramite la radio, che può essere definita come una variante dell’ipnotismo e della stregoneria emotiva, alcune delle menti più penetranti ma anche più contorte di tutta la storia richiese sempre più potere dal popolo e dalla Repubblica costituzionale.
I superuomini del Reich accentrarono progressivamente tutto il potere in uno stato polizia che con efficacia, determinazione e velocità guidò i “buoni tedeschi” verso una delle tragedie più dolorose e forse la più dolorosa di tutta la storia umana. Sotto molti punti di vista, anche in Italia e in Giappone si verificò lo stesso fenomeno anche se con conseguenze lievemente meno drammatiche. Per vedere come la stessa “storia” è stata propinata ai popoli di queste due nazioni, bisogna per un momento ritornare al periodo pre-bellico (seconda guerra mondiale) in Italia e in Giappone e guardare attraverso gli occhi di quei popoli.
Molti giapponesi erano convinti che il “razzismo bianco” dovesse essere sconfitto a tutti i costi con le armi per salvaguardare le popolazioni orientali dall’asservismo imperialista. Quindi, usarono gli stessi poteri della comunicazione di massa e della stregoneria ipnotica per mobilitare persone dedite al lavoro, oneste e sincere per intraprendere un vasto piano di espansione militare. Ironicamente, proprio come i tedeschi, questi giapponesi laboriosi erano convinti di essere gli artefici di uno stato democratico sul modello di quelli occidentali sotto la guida del loro parlamento e di un monarca costituzionale (nominale). Pensavano di lottare in un periodo di grandi sacrifici per salvaguardare se stessi dal nuovo ordine mondiale imperialista che i razzisti bianchi europei e marciani volevano imporre al resto del mondo.
Guardando alla storia da questo punto di vista, dal punto di vista degli sconfitti, possiamo capire come mai dei buoni e onesti cittadini sono troppo spesso condotti a compiere crimini tremendi e terribili tragedie i cui ricordi perdurano per secoli nei libri di storia e nella nostra memoria. Bisogna guardare agli aspetti benintenzionati delle azioni di queste popolazioni degli anni ’30 sotto una luce di solidarietà, senza giustificare le guerre e i crimini atroci commessi dalle loro nazioni e dai loro capi. Allo stesso modo possiamo capire come i “buoni americani” stupidamente ma idealisticamente abbiano commesso crimini così efferati in Vietnam, in Corea, e si può estendere la stessa comprensione a ciò che accade oggi in medio oriente (Kuwait, Iraq, Afghanistan) vittime di un sistema di potere che attraverso i media ha plasmato e costruito falsi ideali, assurdi nazionalismi, finte paure per portare avanti fini imperialistici occulti.
Tutto questo ci deve insegnare ad individuare come nei prossimi anni le grandi multinazionali dell’informazione di massa potranno usare i loro poteri per propinare a un pubblico isterico notizie volte a far credere ciò che sarà necessario affinché le masse aderiscano a certe decisioni o seguano determinati personaggi pubblici o permettano le scelte che il potere occulto del mondo ha preso per il futuro di questo pianeta.
Riferimenti:
– “Il controllo delle informazioni a scopo di manipolazione sociale” di David B. Deserano, Nexus N. 52, 2004
– “Come affrontare il crollo economico 2006 – 2007” di Michael WellsMandeville, Macroedizioni 2004.