Italia vulcanica

etna_1L’Etna continua a far parlare di sé, tra fontane di lava e fiumi di magma, e si tracciano nuove mappe di pericolosità. Da Vulcano al Vesuvio, cosa bolle in pentola e sotto i piedi di milioni di persone.
E’ tornato a dare spettacolo il 12 Gennaio, con fontane di lava incandescente e colate di magma che nella notte hanno infuocato la Valle del Bove. Si è risvegliato così, dopo quasi un anno, l’Etna, il vulcano più grande d’Europa che svetta a nord di Catania a oltre 3300 metri d’altezza, con un diametro di 45 chilometri.  Poche ore ma molto intense, durante le quali “il pit crater”, una profonda frattura nella zona orientale del cono, ha esploso gettate di lava ad altezze impressionanti.  Centinaia di metri, visibili fino a Taormina. I tremori si sono placati nel tempo di una notte, in questo inizio d’anno bollente, senza impedire a migliaia di curiosi di accorrere in massa a immortalare il suggestivo evento.
Fascino a parte, l’Etna non è stato sempre così clemente: eruzioni più violente hanno lasciato il segno. Nel 1928, il magma seppellisce l’intero paesino di Mascali. Nel ’50 riversa 171 milioni di metri cubi di lava in 372 giorni consecutivi di attività. Ma è stata quella dell’83 la “comparsa” più pericolosa del Gigante buono: mattiniera, dopo un violento sciame sismico.
Da una frattura lunga 2 chilometri a quota 2500 metri, un fiume di magma si dirige verso i centri abitati, devastando un po’ di tutto. Altra eruzione degna di nota quella del 2002: dopo quattordici mesi di calma apparente, l’Etna torna a far paura distruggendo con il suo torrente infuocato la stazione sciistica di Piano Provenzana e la pineta Ragabo. La colata raggiunge anche una centrale elettrica, causando un’esplosione e diversi feriti. E il vulcano placa la sua furia solo 95 giorni dopo.
Tra il 2008 e il 2009, un’altra evidente prova di vitalità, lunga più di un anno: ben 418 giorni di convivenza non facile, tra momenti di calma piatta alternati ad attimi di alta tensione, con numerosi danni alle zone circostanti. Ma nonostante i continui risvegli, non sempre pacifici, l’Etna è meta prediletta per appassionati ed escursionisti. E si conferma al primo posto nella top ten europea dei vulcani attivi preferiti dai turisti, anche per l’insolito e ricco paesaggio di vigneti, frutteti e campi coltivati. Nei mesi invernali, poi, è regolarmente preso d’assalto dagli amanti della neve, grazie agli impianti adagiati su due versanti.

DAL VESUVIO A VULCANO I CRATERI ITALIANI SONO COSTANTEMENTE
MONITORATI DALL’ ISTITUTO NAZIONALE DI GEOFISICA E VULCANOLOGIA


Il Gigante siciliano non è l’unico sotto costante monitoraggio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. A sud di Roma, l’ area montuosa dei Colli Albani anima il cosiddetto ” vulcanismo laziale”, per fortuna dormiente da migliaia di anni. Scendendo lungo lo stivale, a nord di Napoli, la zona dei Campi Flegrei è disseminata di crateri, alcuni dei quali divenuti laghi. L’ultima eruzione, avvenuta nel 1538, ha dato vita al Monte Nuovo, mentre ai giorni nostri l’attività è ridotta a fuoriuscite di gas, solfatare, mofete e sorgenti termali.
Poco più a sud, nella splendida cornice del Golfo di Napoli, il famosissimo (e temutissimo) Vesuvio sonnecchia placidamente, ancora tristemente celebre per la distruttiva esplosione del 70 d.c., che seppellì Ercolano e Pompei. L’ultima volta “da paura” nell’44, quando la sua lava danneggia seriamente  i paesi di Terzigno, Scafati, Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava: 12 mila persone evacuate tra San Sebastiano, Massa e Cercola, mentre i venti favorevoli risparmiano Napoli da una minacciosa nuvola di cenere e lapilli. Esperienza insegna: anche in fase di quiescenza oggi il Vesuvio è sotto costante osservazione dell’Istituto. Restando in zona, altro terreno bollente è Ischia.  L’isola è parte emersa di un rilievo vulcanico sottomarino. Lontano nel tempo il suo ultimo risveglio, nel 1302, che ha portato alla formazione del vulcano Arso.
L’Italia bollente prosegue verso Sud, fino alle Eolie. A Lipari, in due fasi diverse, sono emersi il Monte Sant’Angelo e i crateri, mentre Vulcano già solo dal nome non smette di ricordare l’attività ricorrente e potenzialmente pericolosa. Tanto da diventare oggetto di recenti e approfonditi studi: una nuova mappa di pericolosità, disegnata da un gruppo di ricercatori dell’Ingv e dell’ Università di Bari, traccia costantemente il livello di rischio, visto l’elevato flusso turistico, soprattutto estivo, e il carattere esplosivo delle eruzioni originate dal cono attivo, la famigerata Fossa di Vulcano. Un nome che la dice lunga, ripreso non a caso dal dio Vulcano, attribuito alla splendida isola e utilizzato tout court  per indicare i rilievi montuosi  con attività eruttiva.
Di grande fascino anche l’isola di Stromboli, con il suo cratere perennemente sveglio: considerato uno dei più attivi del mondo, incanta abitanti, visitatori e turisti con le sue spettacolari manifestazioni esplosive e laviche. Affiora dal mare anche Ferdinandea, piattaforma rocciosa nel Canale di Sicilia: la bocca di un vulcano sommerso che si estende per 4 chilometri e 6 metri di altezza. Il viaggio “si spegne” a Pantelleria, dove l’ultima eruzione è datata 1891. Oggi l’attività del Vulcano Foerstner si limita e emissioni di gas e anidride carbonica, sorgenti termali e saune naturali. Come dire, non tutto ciò che bolle, nuoce.

VULCANI NEL MONDO
Non tutti dormono sonni tranquilli. L’area più turbolenta della Terra, con più del 60 % dei vulcani attivi e oltre il 70% dei terremoti registrati dal 1904 al 1952, è la fascia che circonda per 40 mila chilometri l’ Oceano Pacifico. Una concentrazione talmente elevata da giustificare il nome di “cintura di fuoco”. I più famosi in quest’area sono il Mount St.Helens negli Stati Uniti, il Tambora e il Krakatoa in Indonesia e il celeberrimo monte Fuji in Giappone. Degni di nota anche i cosiddetti “punti caldi”: aree oceaniche e continentali in cui si trovano allineamenti di edifici vulcanici in collegamento con getti o pennacchi di materiale caldo, in grado di risalire dalle zone profonde del mantello terrestre e generare in superficie diversi crateri. Tra Argentina e Cile svetta a 6.891 metri il Nevado Ojos del Salado, il vulcano più alto del mondo, attualmente silenzioso. Mentre in Europa, fa parlare di sè l’Islanda: dalla spettacolare eruzione del 1963, che ha dato origine all’isola di Surtsey, a quella del 2010, la cui nube di fumo ha paralizzato gli aeroporti di mezzo mondo.

di Gian Paolo Collacciani
Tratto dal mensile “La Freccia” n. 2 (Febbraio 2011)