Incontro con Swami Kriyananda

kryananda1Insegnante spirituale, scrittore e compositore di fama internazionale, Swami Kriyananda (J. Donald Walters) è conosciuto come uomo di profonda visione, ispirante saggezza e solido pragmatismo. Nato in Romania da genitori americani, ha compiuto i suoi studi dapprima in Svizzera e in Inghilterra e successivamente in America, al Haverford College e alla Brown University. Divenuto discepolo nel 1948 del grande maestro indiano Paramhansa Yogananda, autore di Autobiografia di uno Yogi, Swami Kriyananda ha diffuso in tutto il mondo gli insegnamenti di Yogananda della realizzazione del Sé, mostrandone l’applicazione in ogni ambito dell’esistenza quotidiana: gli affari, i rapporti con gli altri, il matrimonio, l’arte, l’educazione, la vita comunitaria, ecc. Su questi argomenti, Kriyananda ha scritto più di ottanta libri, pubblicati in ventisei lingue in novanta Paesi. Ha composto inoltre più di quattrocento brani musicali, per ispirare negli altri una visione elevata dell’esistenza. L’opera più importante della sua vita è stata la realizzazione del sogno di Yogananda di creare “Comunità di Fratellanza mondiale”. Le comunità Ananda, veri e propri laboratori viventi, accolgono oggi in tutto il mondo oltre mille residenti, animati dal desiderio di una “vita semplice con alti ideali”. Proponiamo di seguito l’intervista realizzata da SaraS durante l’incontro con Kriyananda tenuto ad Assisi il 14 Luglio 2005.

Conduce l’intervista Giuliano Falciani.

D.: E’ stato Yogananda a darle il nome che porta?
R.: No! Quando abbiamo deciso di darci dei nomi indiani esso mi è venuto in meditazione.

D.: Quale è il significato del suo nome?
R.: La parte Swami significa semplicemente monaco. Identifica colui che segue la linea di Swami Shankaracharya che viveva come duemila anni fa. Lui usava il nome Ananda (gioia, felicità) perché questo è lo scopo della vita spirituale; infatti, anche se la gente lo ignora, tutti cercano la gioia, nessuno vuole la sofferenza, la miseria ecc… Per questo lui ha detto che se una persona si dedica alla ricerca della gioia, senza altri scopi può decidere di chiamarsi con un nome riferito a qualche qualità che conduce al raggiungimento di questa Ananda, di questo stato di beatitudine. Kriya è un nome molto semplice e significa semplicemente “azione”. Non è una strada particolare, esistono molti Kriyayogi in India ed ognuno di loro ha una propria tecnica di meditazione, di pratica spirituale. Il nostro è il Kryayoga di Lahiri Mahasaya di Benares; questo è un significato, che segue la strada di Lahiri Mahasaya di Benares, la sua tecnica per calmare la mente, innalzare la coscienza ed altre cose. La parola “azione” è diventata molto importante nella mia vita, che è stata una vita di servizio agli altri. Dall’inizio ho avuto due desideri, il primo è stato quello di riuscire a conoscere Dio e l’altro di aiutare gli altri a conoscere Dio. Questi sono stati i due scopi principali della mia esistenza. Lui mi ha detto che la mia vita sarebbe stata molto attiva e così eccomi qua.

D.: Quando ha iniziato la sua missione?
R.: In tutta la mia vita ho cercato la verità e l’ho cercata in molti modi, nella scienza, nell’arte nella politica, in tanti modi. Ho notato che la gente, attraverso molti sistemi, considerati perfetti, non è arrivata alla perfezione. L’arte non ha mai cambiato veramente le vita, la scienza che cosa ci ha dato? Possiamo avere belle case, possiamo andare sulla Luna, possiamo fare molte cose, ma siamo felici? Penso che oggi forse siamo meno felici di ieri, quindi che cosa veramente ci ha dato la scienza? Sulla base riflessioni ho capito allora che dovevo riflettere sul concetto che avevo sempre cercato di evitare cioè su chi è Dio. Dio non può essere un uomo con una lunga barba, colui che ha creato un universo cosi immenso non può essere una figura umana, deve essere uno stato di coscienza. Però noi siamo coscienti e non è il cervello che ci ha dato questa coscienza; noi dobbiamo fare parte di quella kryananda2coscienza. Il nostro dovere è quello di essere più in sintonia con quella coscienza, perché è vero che la sofferenza dell’umanità deriva dal non essere in sintonia con la nostra vera realtà, con chi siamo veramente, infatti viviamo sempre in disarmonia. Quindi con questo pensiero, intorno alla età di 21 anni, ho iniziato la mia ricerca. Per prima cosa ho rivelato a mia madre l’intenzione di non frequentare più l’ambiente della chiesa anglicana, la fede della mia famiglia, perché non mi dava più quello che cercavo. Mia madre ha sofferto molto quel giorno, ma è stato un primo passo verso la sincerità, e alla fine ho scoperto che Dio deve essere una cosa che noi scopriamo prima di tutto dentro di noi. Quello che ci da più gioia, più pace, più amore, questo deve essere Dio, più conoscenza. Quello era un periodo drammatico per me, mio padre era in Egitto a cercare il petrolio, era un geologo, e spesso veniva inviato all’estero per il suo lavoro, infatti io sono nato in Romania. Un giorno, dopo che avevo accompagnato mia madre a prendere la nave per raggiungerlo, mi sono imbattuto in una copia del libro “Autobiografia di uno Yogi”. Era il settembre del 1948 e quel libro cambiò la mia vita totalmente. Penso che fosse una benedizione di Dio che è cosciente di ogni nostro pensiero; Egli è una coscienza inconcepibile. Era molto difficile per me cambiare completamente la mia vita, ignoravo la filosofia Indù, le vite dei santi compresi quelli cristiani, non sapevo niente. Quel libro mi ha risvegliato e soprattutto mi ha fatto conoscere. Dopo poco tempo presi il primo autobus da New York per recarmi a Los Angeles, quattro giorni e quattro notti di viaggio, per raggiungere Pramahansa Yogananda. Io non ero materialista, ma ero però molto scettico, pensavo che nessuno, tra quelli che avevo incontrato, conosceva la verità e quindi non avevo stimoli a seguirli. Ma dopo aver letto quel libro fui letteralmente cambiato. Le prime parole che ho rivolto a Yogananda sono state: “Voglio essere tuo discepolo”. E cosi è stato, ho vissuto con lui e sono stato il suo discepolo. Sono passati quasi sessanta anni, tutta una vita e vedo che niente mi ha deluso, tutto è andato anche meglio di come speravo.

D.: Che difficoltà ha trovato durante la sua missione?
R.: Si dice che una vita vittoriosa non può essere facile. Io ho incontrato molte difficoltà. Una volta un astrologo tedesco mi ha fatto l’oroscopo e ha visto una grande croce con tutti i pianeti più grandi nei segni fissi, ciò, mi spiegò, identificava una vita difficile. Io sono grato, non mi lamento di niente, ho avuto molti problemi ma sono riuscito in tutto, con la grazia di Dio. Sono riuscito a creare delle comunità dove vivono più di mille persone, a scrivere più di ottanta libri, a comporre più di 400 pezzi di musica. Io non faccio niente, sono disponibile per ciò he il padre vuole, egli può fare tutto quello che desidera attraverso di me, se non vuole fare niente non importa.

kryananda3D.: Sappiamo che Yogananda è stato inviato dai suoi guru in America per iniziare la sua missione, lei invece dall’America è tornato in India, come se lo spiega?
R.: Uno deve completare un cerchio, non basta la meta per realizzarlo. Yogananda mi aveva accennato che mi avrebbe mandato in India è un avvenimento che ho sempre considerato possibile ma non credevo che sarebbe accaduto a questa età. Ho settantanove anni e ho cominciato questo compito in India un anno e mezzo fa, non è il momento di iniziare un gran lavoro. Lui mi ha detto molte volte che avrei dovuto compiere un’opera grande, se si tratta di operare in India non so, però è già grande li. Il mio non è l’ego di un discepolo che vuol vedere il suo guru in cima alla montagna con gli altri che gli si sottomettono, secondo gli insegnamenti di Yogananda noi tutti siamo uguali in Dio e non c’è un maestro che può considerarsi più grande di un altro, esistono dei lavori che, nel mondo, sono relativamente più grandi, ma in Dio tutti sono uno e nessuno può essere più grande di Dio, così essendo uno con lui, arriviamo al tutto. Una volta una persona ha chiesto a Yogananda se esisteva una fine nell’evoluzione. Il mio maestro gli rispose di no, che non esiste nessuna fine ma che l’individuo continua ad evolvere fino alla totale assenza di limitazioni. Lo scopo di andare in India non è quello di far conoscere Yogananda, questo è sicuramente il lavoro di un discepolo ma è meno importante rispetto ad altre cose; la sua missione era per tutto il mondo, c’è necessità di riunire l’oriente e l’occidente divisi dal Papa Leone IX. Lo scopo “spirtuale” di questa divisione era quello di permettere la specializzazione delle esperienze. L’Occidente aveva la necessità di sperimentare la parte esterna e la materia mentre l’Oriente doveva sviluppare la parte interna e la spiritualità, adesso c’è la necessità di riunirli, in un modo molto pratico. Quando sono andato a parlare in India per la prima volta nel 1958 (all’epoca ero molto conosciuto come lo Yogi americano), ho trovato molte persone d’accordo con me, addirittura nelle università. Molti erano compiaciuti di come riuscivamo a legare i concetti moderni e materiali con le vecchie scritture spirituali, addirittura qualcuno avrebbe voluto portare certi concetti nelle scuole. Adesso è arrivato il momento di riunire l’efficienza materiale all’efficenza spirituale. Questo vale per tutto il mondo ma prevalentemente per l’India perché a differenza degli altri paesi antichi essa è ancora viva. Essa ha tenuto ben salda la sua devozione a Dio.

D.: Una domanda legata ancora alla sua missione in Europa. Qui in Italia, ad Assisi, ha creato il centro più importante d’Europa. Perché proprio ad Assisi?
R.: Come ho già detto io sono nato in Romania, ed ho vissuto in Europa per tredici anni, poi con i miei genitori poi sono tornato in America perché in Europa era scoppiata la guerra (la Seconda Guerra Mondiale) quindi sono sempre rimasto legato a questa terra. Mi ricordo che un giorno parlando con il mio guru gli dissi che stavano arrivando delle belle lettere dalla Germania, gli confidai che provavo tanta devozione verso Dio per questo popolo appena uscito da una grande sofferenza. Mi ricordo anche che egli mi disse che avrebbero avuto bisogno del Kriyayoga e non delle bombe, io risposi che sarebbe stato belle mandare qualcuno e lui mi disse che forse avrebbe mandato me. Io sarei stato felice di tornare in Europa ma ero convinto che mi avrebbe mandato in India. Alla fine è successo che mi ha mandato in entrambi i posti. Sono passato dall’Italia diverse volte quando ero piccolo perchè
andavo a scuola in Svizzera, ma la prima volta che sono venuto come discepolo di Yogananda è stato nel 1960, ed ho trovato in questo paese molto interesse. In quel periodo stavo facendo un giro per tutti i centri d’Europa, Germania, Francia, ma gli italiani erano quelli più affascinati di tutti, hanno scritto molto e hanno organizzato tanti incontri. Lentamente siamo riusciti ad organizzarci e a trovare un posto vicino Como e lì abbiamo iniziato delle attività negli anni ’80. Però Como era troppo lontana dal resto d’Italia, era più vicino alla mentalità nordica ma troppo lontana a quella italiana. Cosi ho pensato alla devozione che Yogananda aveva verso Francesco d’Assisi, che considerava il suo santo protettore, e allora pensando anche al fatto che Assisi fosse al centro dell’Italia e quindi facilmente raggiungibile, decisi di trasferirmi qui.

D.: Può la super coscienza, la consapevolezza spirituale risolvere i problemi del mondo? kryananda4
R.: Tutto viene dalla super coscienza mentre tutti i problemi vengono dalla coscienza e dalla sub coscienza. La super coscienza riunisce tutto, quando sono nella super coscienza vedo che siamo tutt’uno, mentre quando sono cosciente vedo te, me lui, ecc…, vedo tutto separato; è questa separazione che crea tutti i problemi della vita.

D.: Quindi è auspicabile che l’umanità si avvii verso questa situazione?
R.: E’ l’unica soluzione, le altre vie sono solo temporanee.

D.: Yogananda le ha mai parlato delle altre civiltà che vivono in altri universi? Se si può parlarcene?
R.: Questo universo è immenso, lui ha parlato della vita su altri pianeti, ha detto che gli UFO sono reali. Una volta gli ho domandato se gli uomini sarebbero tornati a vivere sulla Terra nel momento in cui essa sarebbe passata ad uno stadio evolutivo più armonioso. Lui mi disse di no, mi disse che tutti vengono portati dove si sentono più attratti. Coloro che hanno la violenza dentro di loro andranno su pianeti violenti, solo le persone più calme e sagge saranno riportate sulla Terra. Ha detto anche che nelle altre dimensioni ci sono molti mondi, infatti questo universo tanto grande è piccolo rispetto al mondo astrale. Dio non è concepibile, ci sono molte civiltà più avanzate della nostra come ce ne sono molte meno avanzate rispetto a noi, noi siamo più o meno a metà strada.

D.: Yogananda ha mai commentato con lei le profezie di Gesù riguardanti la fine dei tempi?
R.: Lui ha fatto delle sue profezie in proposito, non parlava molto di quello che ha detto Gesù perché ancora non è stato ben capito. Gesù diceva che qualcuno non avrebbe visto la morte prima che quello che affermava sarebbe successo, diceva che tutte le nazioni lo avrebbero visto quando sarebbe tornato ma sono passati duemila anni a nessuno lo ha visto. Il suo linguaggio era metaforico, lui parlava del suo ritorno riferendosi al colore che avevano devozione e fede. Una volta, a Boston, Yogananda ricevette una lettera dove veniva rimproverato del fatto che parlava di Gesù come figlio di Dio, anzi sulla lettera si affermava che Gesù in realtà non era mai esistito e che sostanzialmente si trattava di un mito. La lettera era anonima e il mio maestro rimase molto colpito, avrebbe voluto parlare con l’autore di quelle parole, ma pregò per lui. Una settimana dopo Yogananda si recò nella biblioteca di Boston e si sedette accanto ad uno sconosciuto. Gli chiese perché avesse scritto tutte quelle cose su Gesù. Il signore dopo un primo momento di negazione ammise di essere stato lui e chiese a Yogananda come avesse fatto a scoprirlo. Il mio maestro ci tenne a dirgli che Gesù era esistito e che era davvero il figlio di Dio, come lo siamo tutti, solo che lui lo era coscientemente. Quindi quello che dice la Bibbia è vero. Quando Gesù parlava del suo ritorno intendeva riferirsi all’incontro con ogni uomo della Terra nel momento in cui ognuno si sarebbe sentito pronto. Se apparisse a Roma o a New York penso che non aspetteranno tre anni per rivederlo nuovamente sulla croce. Yogananda ha parlato però del futuro, e ha detto che avremo molti guai, ha parlato di una depressione molto più grande di quella degli anni ’30, ha parlato di un’altra guerra mondiale, diceva che nessun angolo della Terra sarà salvo. Diceva che ci saranno molti guai e molta sofferenza, però alla fine l’uomo sarà cosi stanco della guerra che per trecento anni non vorrà più litigare. Però non diceva che il mondo sarebbe cambiato repentinamente per ritrovarsi all’improvviso svegliato in Dio. Il mondo continuerà ancora per molto tempo. Gli scienziati affermano che la civiltà è più vecchia di quattro mila anni, come invece affermano i dogmatici, però anche loro non credono a quello che ha detto Yogananda, e cioè che la civiltà umana è vecchia più di cinquantasei milioni di anni, ciò significa che siamo sulla Terra da molto più tempo di quello che immaginiamo. In questo lasso tempo ci sono state catastrofi, cataclismi che sembrano distruggere tutto ma in realtà non lo fanno, ci sono sempre un Adamo ed Eva che ricostruiscono. Vale sempre la pena di lavorare per il benessere di tutti, soprattutto per la Terra e per la sua evoluzione che si ripercuote su di noi.

D.:Forse questa domanda le sembrerà un po’ scontata, ma le persone che ascolteranno e leggeranno questa intervista sicuramente la apprezzeranno molto, Buddha parlava di illuminazione, si può spiegare cos’è l’illuminazione e come la si può raggiungere?
R.:L’illuminazione è la percezione della realtà, della Verità, ed è resa possibile da tutti coloro che possono staccarsi dai desideri che accrescono l’ego umano, quindi l’egoismo, tutto questo è un’illusione che ha creato Dio per creare questo mondo. Lui ha sognato questo mondo, Lui, che è l’unica Coscienza nell’Esistenza ed ancora adesso lo è. Non esiste altro che Dio. Come piccoli frammenti di vetro sul terreno, la luce si riflette su ogni frammento e ogni frammento sembra avere la sua luce, ma in realtà è solo il riflesso dell’unico sole; così ognuno di noi sembra un individuo, ma in realtà è solo un riflesso dell’unico sole infinito, Dio. Tutto questo è un sogno fatto da Lui, ed ogni atomo è soltanto un riflesso della luce di Dio. Quindi l’illuminazione non è altro che la comprensione che non c’è bisogno di desideri, attaccamenti, ambizioni. Buddha, Gesù, Yogananda e pochi altri sono arrivati a questo. Tutti i grandi maestri sono arrivati ad essere illuminati, perché hanno capito che tutto è fatto di luce, quella luce stessa fa parte della coscienza del sogno di Dio. Questo è semplicissimo e forse aiuta un po’.

D.: Che differenza c’è tra l’Induismo e il Buddismo?
R.: Buddha era Induista o Indù, i Buddisti hanno creato una religione intorno a Buddha, Gesù Cristo era Giudeo e anche i Cristiani hanno creato una religione intorno a lui; ma c’è soltanto una realtà nell’Universo, una Verità, una religione, e in India è chiamata “Sanatha dharma”, la Verità Eterna ed Universale.

D.: Ancora un approfondimento sull’India, cosa ne pensa di Sai Baba?
R.: Non posso dire, non voglio rispondere, sono andato da lui perché ero ispirato; non cercavo il mio guru, quindi non era necessario per me valutare la sua statura spirituale. Io sono completamente soddisfatto del mio guru.

kryananda5D.: Yogananda le ha mai parlato di Babaji, cosa si sa oggi di queste grande Maestro?
R.: Una volta io ho tenuto in mano una pietra che Babaji mandò a Yogananda e ho incontrato delle persone che lo hanno conosciuto, ma io non ho mai avuto un incontro con lui. Però pregandolo ho avuto delle risposte, e ho vissuto delle esperienze meravigliose quasi miracolose. Non posso dire molto, ci sono delle leggende, delle tradizioni in India che raccontano di Babaji ma anche di altri personaggi che vivono sulla Terra da migliaia di anni.

D:. Infatti è una leggenda o una verità che ogni tanto riescono a vederlo?
R.: Si, è così, è la verità. Le leggende non sono contro la verità, i miti si. Possiamo dire che anche Yogananda sta diventando una leggenda, però ha vissuto.

D.: Lei ha vissuto delle esperienze particolari con Yogananda, da quando non è più fisicamente sulla Terra?
R.: Lui è sempre con me, sento sempre la sua presenza. Prima, però, devo dire una cosa: il suo discepolo più avanzato che si chiama Rajarsi Janakananda, mi ha detto: ”Il maestro Yogananda ha una grande missione da fare tramite te, e ti darà la forza per riuscire in questo”. Questa forza l’ho sempre trovata, nessun ostacolo mi ha mai abbattuto, la sua forza e la sua grazia sono sempre state con me, mi ha sempre dato le risposte di cui avevo bisogno. Non lo vedo fisicamente, ma lo sento sempre molto vicino, la mia esperienza è così.

D.: Quindi lo sente, lo percepisce sempre vicino a lei?
R.: Si è così.

D.: Il 26 maggio del 1940, Yogananda ebbe a parlare di “fine del mondo”, cosa può dire di questo, considerando gli ultimi avvenimenti mondiali? Infatti Yogananda ne parlò in un modo molto particolare, lui disse che il mondo non sarebbe finito come tutti si aspettavano?
R.: Alla fine sarà così, però può avvenire tra miliardi di anni. Lui ha detto che il mondo andrà così, fra alti e bassi continuerà. Ci saranno epoche migliori di altre, più dorate, più spirituali, ma il mondo continuerà perché è una scuola necessaria per far perfezionare gli studenti. Questo mondo non è stato creato da Dio per diventare perfetto, ma è stato creato per rendere noi perfetti e ognuno è venuto qui o in altri pianeti per creare il proprio destino, per evolvere.

D.: Può parlarci della morte, perché l’uomo continua a temerla così tanto?
R.: Veramente non lo so, perché io non la temo. Penso che si tratti di un attaccamento al proprio corpo, ma questo è ridicolo. Quando tu lavi le mani sotto la doccia devi pensare che un giorno queste non saranno più tue, questo corpo non è il nostro. Non abbiamo un’età anagrafica, siamo vecchi come Dio perché facciamo parte di lui. Noi siamo eterni e, dobbiamo vivere ancora in molti altri corpi fino a quando non capiremo lo scopo di tutto questo.

D.: Stiamo parlando chiaramente della reincarnazione, molte religioni come quella cristiana hanno occultato la verità sulla sua esistenza. Cosa possiamo aggiungere?
R.: Tutte le religioni hanno dei miti e delle verità, sono create dall’uomo e non dai fondatori delle religioni. Mi ricordo che una volta Yogananda si recò al monastero a St. Louis in America, a visitare un abate che in una meditazione aveva riconosciuto come uomo di Dio e santo. Lui si presentò con i suoi vestiti arancio classici degli Swami, e gli altri monaci erano molto preoccupati e non vedevano di buon occhio questo pagano che entrava nel loro monastero. Ma appena l’abate lo vide lo abbraccio e gli diede il benvenuto chiamandolo “uomo di Dio”. I santi si riconoscono, la verità però non si può sempre dire. Un mio amico è andato da Padre Pio, che secondo me doveva essere un gran santo, rivelandogli che praticava lo yoga. Padre Pio lo invitò a non parlare in quel luogo dello yoga ma che quello che faceva era giusto.

D.: Parlando di Yoga, possiamo spiegare il significato che ha la meditazione oggi?
R.: Meditare significa eliminare i pensieri superficiali per ascoltare. La preghiera è parlare con Dio, a Dio, la meditazione è ascoltare la sua risposta; nel fare questo più si è calmi e più si può veramente sentire l’ispirazione di Dio. È soprattutto questo lo scopo della meditazione, da allora lui ti prende per mano e ti guida.

D.: Yogananda le ha mai parlato profondamente dell’Amore?
R.: Come si può parlare dell’Amore. Mi ricordo che sentendo forte l’amore che Yogananda aveva per me ho pregato moltissimo di avere la forza per amarlo come lui mi amava. La volta dopo che lo incontrai mi disse: “come può la piccola tazza contenere l’oceano?

D.: C’è qualche aneddoto particolare che ci può raccontare riguardo al tempo trascorso con Yogananda?
R.: Ci sono molte storie, ma quando mi fanno questa domanda mi trovo a non saper rispondere perché ci sono molte cose della vita di Yogananda da poter raccontare, ma parlare di lui è come parlare dell’oceano, che cosa si può dire di questo.

D.: Lei dove era quando Yogananda raggiunse quello stato di grazia che tutti prima o poi dobbiamo vivere, cioè il momento di lasciare questo corpo per entrare in un’altra realtà?
R.: Io ero con lui. Lui stava facendo un discorso durante un banchetto per l’ambasciatore indiano B. R. Sen. Mi trovavo tra gli ospiti. Quel giorno non c’erano molti discepoli, a me aveva detto di essere presente. Non è una cosa della quale parlo molto volentieri perché mi procura una tristezza enorme.

D.: Ma ne avevate mai parlato prima, o è stato un evento improvviso? kryananda6
R.: Ha detto molte volte che quando se ne sarebbe andato lo avrebbe fatto parlando della sua India e della sua America, che se ne sarebbe andato svolgendo il proprio lavoro. Qualche ora prima della sua morte aveva detto che quel giorno aveva un appuntamento molto importante.

D.: Subito dopo questo evento che cosa è accaduto nell’opera di Yogananda?
R.: La cosa interessante è che il suo corpo si è mantenuto integro per ben tre settimane, e questo per permettere a suoi discepoli di venire a visitarlo dall’India, prima che fosse interrato. Abbiamo la testimonianza del custode della sala mortuaria. Per quanto riguarda l’organizzazione da lui creata abbiamo continuato il lavoro da lui iniziato, io ho dedicato la mia vita a diffondere la sua missione e il suo messaggio.

D.: Sappiamo che in America l’opera di Yogananda è riconosciuta come chiesa, in Italia invece non è esattamente così.
R.: È un’organizzazione legale, ma soprattutto spirituale, non voglio dire che sia una cosa religiosa, perché la religione significa organizzazione; non voglio tenerlo in una “piccola scatola”, lui è onnipresente nell’Universo. Inoltre non credo molto nelle organizzazioni. Nelle comunità che ho fondato anni fa, ho deciso di dare ad ognuna una certa autonomia, evitando di fondare una centrale madre con delle “succursali”. Ho preso questa decisione perchè credo che ogni gruppo legato ad una organizzazione dovrebbe operare e cercare le soluzioni da solo e non ricevere ordini o condizionamenti da un capo.

D.: Durante i colloqui e gli anni che è stato con Yogananda, le ha mai parlato di un suo probabile ritorno sulla Terra?
R.: Si. Lui affermava che entro duecento anni sarebbe tornato, e che siccome in quella vita aveva avuto un ruolo pubblico nella vita successiva sarebbe stato un eremita, e che avrebbe accolto i discepoli solo verso la fine di essa.

D.: Si può considerare una profezia?
R.: Si lo è.

D.: Il suo pensiero sulla condizione attuale dell’umanità.
R.: Che dire, è come parlare nuovamente dell’oceano, ci sono i buoni, ci sono i cattivi, ci sono buonissimi, ci sono cattivissimi è una grande miscela. Io penso una che nel mondo astrale gli esseri vivono in dimensioni dove ognuno si trova ad vivere con i suoi simili di pari livello evolutivo. Questo riduce molto gli stimoli, e le opportunità di crescere spiritualmente. Sulla Terra abbiamo grandi possibilità in questo senso. Ho visto tanta cattiveria quaggiù e ho pensato che questo non può essere il giusto modo di vivere dell’uomo. Devi sapere che io sono cresciuto durante la seconda guerra mondiale, sono stati momenti drammatici, ma riconosco che come allora anche adesso non c’è pace, non c’è armonia. Le comunità che ho creato sono delle vere famiglie, la gente cerca veramente di aiutarsi, l’un l’altro. Io ho dedicato la mia vita a stimolare la gente a creare delle comunità con altre persone che hanno le stesse idee.

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D.: I simili si devono incontrare.

R.: Non voglio che siano troppo simili, la bellezza delle nostre comunità è che tutti sono“eccentrici”, ognuno è se stesso, però hanno lo stesso ideale: “amare Dio e cercarlo”.

D.: Se avesse l’opportunità di dare un messaggio, a tutta l’umanità cosa direbbe?
R.: Conosci te stesso e tramite questa conoscenza comprendi che quel “te stesso” è in tutti, quindi ovunque tu guardi vedi te stesso come in uno specchio. Se vedi una sofferenza sentila tua, cerca di trattare ognuno come una parte di te stesso. Non cercare la soddisfazione personale, l’appagamento del tuo ego, ma se riuscirai a far sentire più amore per Dio attraverso qualcosa che tu hai fatto o detto, allora questo sarà per te una benedizione. Noi dobbiamo vivere come strumenti di una coscienza superiore. Grazie.

A cura di SaraS