Il bambino e l’inquinamento degli alimenti
Ormai è ben noto come alle tradizionali cause, e concause, di malattia, e cioè virus, batteri, errori nutrizionali, ecc., si debba aggiungere anche l’inquinamento. E quello degli alimenti gioca un ruolo certamente non secondario. Metalli, antibiotici, sostanze anabolizzanti, nitrati e nitriti, pesticidi: questo elenco, peraltro incompleto, è sufficiente per farsi un’idea di quante insidie si nascondano nei cibi. Ci troviamo in una vera e propria giungla, ancora in parte inesplorata, nella quale è difficile orientarsi.
Pensiamo infatti che sugli effetti tossici di molti inquinanti conosciamo poco o nulla e che riguardo ad altre sostanze disponiamo di dati relativi ad esposizioni di tipo professionale e non alla popolazione generale. Ed ancora, visto il gran numero di sostanze chimiche con cui abbiamo a che fare quotidianamente, che cosa sappiamo circa eventuali sinergie o potenziamenti reciproci di tossicità?
Purtroppo non molto. E per quanto riguarda i livelli dei vari contaminanti presenti nei cibi (analogo discorso vale per tutte le altre forme di inquinamento), dobbiamo fidarci ciecamente dei valori di legge, che sappiamo essere non infrequentemente oggetto di revisione, sulla scorta di nuove acquisizioni e di nuovi timori per la salute?
Tutto questo appare poi particolarmente inquietante se ci riferiamo all’età evolutiva. Infatti, come anche affermato autorevolmente dall’OMS, l’organismo giovane è più sensibile agli effetti tossici causati dall’esposizione ai prodotti chimici. Scendendo nei particolari, il bambino dal punto di vista del rischio tossicologico si differenzia dall’adulto per: l’immaturità dei meccanismi di disintossicazione enzimatica, l’incompleta funzionalità degli organi escretori, i bassi livelli delle proteine plasmatiche capaci di legare le sostanze tossiche, l’incompleto sviluppo delle barriere fisiologiche (ad esempio a livello cerebrale), la vulnerabilità dei tessuti a rapida crescita (cellule che si moltiplicano velocemente incorporano maggiormente le sostanze tossiche).
Teniamo inoltre conto che la dieta del bambino è caratterizzata da una significativa ripetitività di alimenti (da cui la possibilità di un’aumentata assunzione di determinate sostanze tossiche) e che le razioni alimentari spesso non sono proporzionali al peso corporeo. Un bambino, ad esempio, può assumere una razione di pesce o di frutta simile a quella dell’adulto, esponendosi praticamente allo stesso “carico” di inquinanti, pur avendo un peso corporeo significativamente inferiore. Consideriamo infine che il bambino ha di fronte a sé molti anni di vita durante i quali le sostanze tossiche hanno tutto il tempo per esercitare i loro temibili effetti a distanza e che un’esposizione precoce a determinati veleni può lasciare segni indelebili nel futuro dell’individuo (pensiamo ad esempio agli effetti negativi del piombo sullo sviluppo cerebrale).
Prima di fare una breve carrellata sui vari alimenti ed i loro contaminanti non possiamo non accennare brevemente all’acqua potabile. L’acqua del rubinetto è sempre veramente sicura? L’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente redatto un rapporto sulla qualità dell’acqua potabile nel nostro Paese da cui emerge che la Pianura Padana con le sue propaggini venete e friulane ed il Piemonte sono le zone nelle quali le risorse idriche risultano maggiormente contaminate dalle sostanze chimiche. La contaminazione dell’acqua potabile è legata alle attività industriali ed all’agricoltura intensiva e gli inquinanti più comunemente in gioco sono gli antiparassitari, i composti organoalogenati, i metalli pesanti ed i nitrati. Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, comunque, lo stato dell’acqua potabile non è tale da comportare rischi per la salute ed in tutti i casi i valori dei vari inquinanti risultano al di sotto delle soglie limite fissate.
Parlando di acqua abbiamo necessariamente fatto riferimento all’agricoltura, agricoltura che facendo, come è noto, ampio ricorso ai prodotti della chimica è responsabile della presenza sulla nostra tavola di sostanze indesiderate e veleni. Fra questi i più noti sono senz’altro i pesticidi. In Italia esiste una precisa regolamentazione riguardo al loro impiego, che però non sempre viene rispettata rigorosamente (uso di prodotti non ammessi per certe colture, mancata osservazione di dosi e tempi di sospensione prima della commercializzazione).
L’assunzione prolungata di pesticidi con frutta, verdura e altri alimenti (cereali, pesce, latte, ecc.), seppure in piccola quantità, può comportare seri rischi per la salute. Molti di essi, infatti, sono sospettati di essere cancerogeni, teratogeni, mutageni, di agire negativamente a livello del SNC (determinando forse anche una diminuzione delle capacità di apprendimento) o di avere effetti tossici sulla riproduzione. Difendersi dai pesticidi non è facile. Essi però generalmente rimangono in superficie e quindi, sbucciando la frutta e lavando accuratamente la verdura, possono essere rimossi in buona parte. Non meno pericolosi dei pesticidi sono i metalli pesanti, e fra questi in particolare il piombo.
Esso può contaminare non solo i prodotti conservati o manipolati dall’industria, ma anche quelli freschi. Basti pensare agli ortaggi provenienti da coltivazioni vicine a strade ed autostrade o a quelli esposti all’aperto, in mezzo al traffico della città, sui banchi di mercati e negozi. Il classico quadro di encefalopatia da intossicazione di piombo è ormai molto raro, ma non va certo trascurata la possibile insorgenza di una sintomatologia sfumata (caratterizzata da diminuita capacità di attenzione, turbe della memoria, peggioramento del rendimento scolastico, ecc…) determinata da livelli relativamente bassi di questo metallo.
Con il mercurio, altro metallo pesante, ci spostiamo ai prodotti ittici. Infatti sappiamo che esso può contaminare soprattutto i pesci ed i crostacei. Il mercurio, oltre ai noti danni sul feto (ricordiamo il triste episodio di Minamata, in Giappone), può determinare disturbi neurologici, gastrointestinali, epatici e renali. Il limite massimo di presenza nel pesce fresco è stato recentemente modificato, ma per una migliore tutela dell’infanzia e delle altre fasce di popolazione a rischio (donne in gravidanza e nutrici) sarebbero auspicabili provvedimenti ancor più restrittivi. Ci sembra quindi utile ribadire che è sconsigliabile per i bambini, le nutrici e le donne in gravidanza mangiare squaloidi, pesce spada e tonno (sono questi i prodotti ittici che presentano i maggiori livelli di mercurio).
Passando, infine, a trattare il problema delle carni non possiamo non pensare al recente scandalo della “mucca pazza” e agli eccessi della moderna zootecnia. La encefalopatia bovina spongiforme non è fortunatamente un problema italiano, i nostri allevamenti sono generalmente di buon livello ed i controlli sanitari sono di qualità soddisfacente (la veterinaria pubblica italiana, unico esempio al mondo, è pienamente collocata all’interno del SSN). Ma la carne, alimento fondamentale della dieta infantile, è del tutto sicura? La zootecnia italiana non è in grado di far fronte da sola al nostro fabbisogno nazionale ed importiamo perciò animali vivi e carni già macellate.
Possiamo fidarci pienamente di ciò che acquistiamo all’estero? Come districarsi in mezzo a triangolazioni commerciali, che fanno perdere di vista la vera origine delle carni? Come risalire le lunghe e complesse catene alimentari (e questo vale non solo per la carne !), che spesso partono da Paesi dove le frodi sono tollerate o dove è consentito l’uso di prodotti da noi messi al bando? Per quanto riguarda, poi, la nostra produzione nazionale teniamo conto che c’è sempre qualche allevatore disonesto, pronto ad utilizzare sostanze vietate, a non rispettare dosi o tempi di sospensione, a somministrare farmaci prima della macellazione per mascherare malattie in atto. Capita così di trovare nelle carni ormoni, antibiotici, ecc. Fenomeni di sensibilizzazione, squilibri endocrini, insorgenza di tumori sono le possibili conseguenze di queste presenze indesiderate.
Risolvere il problema della contaminazione degli alimenti non è certamente facile, anche perché, come emerge da quanto fin qui detto, molteplici sono le sue cause: pratiche agricole e zootecniche, inquinamento ambientale, manipolazioni industriali.
Un buon aiuto per difendere il bambino dalle numerose insidie nascoste nei cibi ci può venire comunque dagli alimenti dietetici per l’infanzia (anche un test promosso recentemente da “Il Salvagente”, seppur limitato agli omogeneizzati e alla ricerca di solo alcuni contaminanti, depone a favore delle aziende del settore) e, quando è passata l’età di pappe e omogeneizzati, dai prodotti agricoli conosciuti comunemente come biologici (o provenienti comunque da coltivazioni nelle quali, per la lotta ai parassiti, non ci si affidi soltanto all’uso massiccio di fitofarmaci) e da una zootecnia più vicina alla natura che alla chimica.
Mauro Biagioni
F.I.M.P. – La Spezia